«Ciechi dinanzi ai presagi». Così il Censis, nel suo 57esimo Rapporto descrive il nostro Paese. Un’Italia «dalle mille meraviglie» se pensiamo alle bellezze paesaggistiche e artistiche, se lo guardiamo dall’alto delle terrazze a strapiombo sul mare, ma che «trascina i piedi» se lo vediamo dal basso delle sue tante arretratezze. Incapace di mettere in campo strategie rispetto agli allarmi che pure sono sotto gli occhi di tutti: crisi demografica, fuga dei giovani, paura del futuro. Secondo il Rapporto in Italia prevale «l’arrangiamento istintivo» rispetto a un «disegno razionale» e si è usurato il meccanismo «di promozione e mobilità sociale» e si vive su «emozioni di brevissima durata».
Secondo il Rapporto nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% più danni che benefici dalla globalizzazione, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente.
Abbiamo un record di occupati, ma la crescita in rallentamento. Il Censis parla di un Paese di sonnambuli dove «alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza».
Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore.
Ma il sonnambulismo non è imputabile solo alle classi dirigenti: è un fenomeno diffuso nella «maggioranza silenziosa» degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati, se l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.
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