La richiesta di restituire alla Francia la Statua della libertà, avanzata qualche giorno fa da Raphaël Glucksmann, leader emergente della sinistra liberale transalpina, è evidentemente provocatoria. Ma non manifestamente infondata. È infatti la stessa amministrazione Trump, con atti e dichiarazioni di principio, a darle una sua ragionevolezza.
Non intendiamo certo discutere da qui lo stato della libertà degli americani nella loro grande democrazia, (anche se di recente il vicepresidente Vance ha preteso di giudicare il grado di libertà di noi europei, dandoci l’insufficienza). Ma il nome completo di quella Statua, che contiene anche la ragione per cui i francesi la donarono agli Stati Uniti in occasione del centenario della Dichiarazione di indipendenza, è La Libertà che illumina il mondo. Ed è appunto quella luce globale, la capacità della democrazia americana di essere un faro di civiltà per il mondo intero, che la presidenza Trump ha già considerevolmente offuscato.
Consideriamo tre fatti. Il primo è la sospensione di UsAid. L’agenzia di cooperazione, fondata 64 anni fa da John Kennedy, è stata a lungo il volto buono e umano del cosiddetto «imperialismo americano». Perché portava aiuti umanitari e assistenza allo sviluppo in cento Paesi poveri della Terra. Nel solo 2024 ha movimentato contributi per 72 miliardi di dollari. Ora migliaia di programmi e contratti in tutto il mondo per distribuire cibo, per dare assistenza sanitaria e istruzione, per combattere il traffico di esseri umani, sono cancellati. I funzionari sono stati licenziati o sospesi sine die. «Medici senza frontiere» dice che questa decisione può uccidere milioni di persone affette da Hiv o tubercolosi, bambini malati di malaria, rifugiati e sfollati. Ma «Medici senza frontiere» è stata fondata da francesi, e vatti a fidare degli europei. Fatto sta che dovunque nel mondo ci fosse un cartello per annunciare ai poveri e ai vulnerabili che la democrazia americana era accorsa per aiutarli, ora non c’è più.
Il secondo blackout della fiaccola di Lady Liberty, appena imposto dall’amministrazione Trump, è la chiusura di Voice of America (insieme con Radio Free Europe e Radio Free Asia). Fondata nel 1942 per contrastare in Europa la propaganda nazista, e poi cruciale nella Guerra fredda per raggiungere milioni di persone intrappolate in regimi controllati dalla censura sovietica, questa emittente pubblica radiotelevisiva trasmetteva in 46 lingue. Era fatta per rendere il mondo più libero, per fornire news affidabili a chi non ne disponeva. Ora sulle sue frequenze è silenzio, o musica e canzonette.
Terzo indizio di oscuramento (o se preferite oscurantismo): la deportazione di centinaia di stranieri espulsi dagli Stati Uniti esibita come forma di umiliazione pubblica, fino al raccapricciante video «postato» da Trump che mostra duecentocinquanta venezuelani incatenati mani e piedi, fatti inginocchiare per essere rasati e condotti nelle celle piegati a 90 gradi. Grazie alla «comprensione» di un dittatore amico, il presidente di El Salvador Bukele che se li è presi, il governo americano li ha cacciati ricorrendo a una legge della fine del Settecento sui «nemici alieni», l’Alien Enemies Act, che consente di arrestare e deportare senza processo in caso di guerra o di invasione i cittadini di un Paese nemico. Sono sospettati (mai condannati) di essere i membri di una gang; ma la stessa sorte toccò anche agli immigrati italiani in una delle altre due sole occasioni (nella Prima e Seconda guerra mondiale) in cui quella norma sia stata utilizzata.
Alla base della Statua della libertà, all’ingresso di New York, c’è ancora la lapide con i versi scritti da Emma Lazarus, una poetessa statunitense di origini ebraiche, che di immigrati disperati e perseguitati in arrivo nel Nuovo Mondo dalla Vecchia Europa ne aveva visti tanti. Quei versi dicono: «Qui, dove si infrangono le onde del nostro mare/ si ergerà una donna potente con la torcia in mano,/ la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come/ nome Madre degli Esuli. Il faro/ nella sua mano darà il benvenuto al mondo… /Antiche terre, – ella dirà con labbra mute/ – a voi la gran pompa! A me date/ i vostri stanchi, i vostri poveri,/ le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi,/ i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate./ Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste,/ e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata».
Le «antiche terre» che scaricavano «rifiuti miserabili» erano quelle dell’Europa. Dal 1886 una fiaccola prese a illuminare in America la via della libertà per il mondo intero. La sua luce sopravviverà a Donald Trump.
corriere.it/opinioni/25_marzo_17/una-luce-offuscata-sul-mondo-e1587226-2b08-412f-86f0-634fa9bb8xlk.shtml