Un corpo da rispettare e tutelare, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
(Lc 1, 39-56).

Il Signore, per singolare privilegio, ha voluto assumere Maria in cielo, in corpo e anima. Facendo ciò ha voluto indicarci la nostra meta: partecipare della gloria del Paradiso, in corpo e anima. È, quindi, una festa un po’ difficile da far nostra, per diversi motivi. Tra questi, innanzitutto, il fatto che riflettiamo poco sulla meta finale, cioè il Regno di Dio, e, ancor più, colleghiamo raramente esso alla nostra realtà corporea. In altri termini di Paradiso parliamo poco e non certo per dire che ci andremo anche con il nostro corpo.

La nostra realtà corporea è spesso sottoposta ad estremismi di ogni tipo (eccessi di fatica o di riposo, di cure o di trascuratezza, di attenzioni o di superficialità, di super cure cosmetiche o rifiuto di prenderla in considerazione… medici e psicologi ne potrebbero raccontare tante). Gli estremismi non sono affatto cristiani. Il Signore vuole che compiamo “grandi cose” non solo spirituali ma anche fisiche. Scrive papa Francesco nella Laudato si’: “Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora” (n. 3).

La pandemia non è stata una grande lezione in materia: anche allora abbiamo visto estremismi di ogni tipo. E’ cresciuto il rispetto per il nostro corpo, per l’ambiente oppure l’ansia di chiudere al più presto questo periodo sia stato preludio del ritornare a come eravamo prima? Pandemia o meno, abbiamo sempre bisogno di ripensare la felicità del nostro vivere, la sua salute, l’ambiente in cui viviamo e l’impegno a salvaguardare noi stessi e la natura.

Scrive ancora papa Francesco nella Laudato si’: “bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana” (n. 155). 

Il tutto nella quotidianità. Non parlo di fatti eccezionali, ma del semplice dare lode a Lui, vivendo in un’unità armonica di ogni nostra dimensione. Ciò non è mai un dato acquisito ma una meta continua. Il Signore ci salva in tutte le dimensioni fondamentali: fisica, intellettuale ed emotiva. Non solo ci salva in esse, ma desidera che gli rendiamo lode con tutto le nostre forze, fisiche, intellettuali ed emotive. E ciò non vale solo per il nostro personale corpo ma anche e sopratutto per la realtà corporea di chi è in difficoltà fisica o economica o sociale. Ce lo ricorda, con la sua tipica e salutare crudezza, una omelia di don Lorenzo Milani del 15 agosto 1954:

“Son 4 anni che è stato definito [il dogma dell’Assunzione, ndr] e il sindaco di Firenze Giorgio La Pira scriveva in quell’occasione che la definizione di questo dogma dovrebbe rappresentare una rivoluzione totale per l’umanità. Se infatti Maria è stata assunta in cielo col suo corpo di carne vuol dire che la materia non è cattiva, ma che è qui a purificarsi, a prepararsi per una vita migliore e non solo lo spirito che l’accompagna. Vuol dire che l’uomo, anche l’uomo di ciccia vale più che ogni altra cosa nell’universo, comprese le stelle e il sole e le montagne e i mari e i governi e gli stati e la patria e la proprietà e le tante altre insipide cosette di cui si usa parlare. Vuol dire che chi chiude una fabbrica o licenzia perché la fabbrica vada meglio o per guadagnare di più, non crede che Maria sia stata assunta in cielo e che un giorno vi saranno assunti con grande gloria quei corpi d’operai malati di silicosi che essi oggi valutano meno d’un po’ d’oro che deve perire”.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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