Un bastone e tanta libertà, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano
(Mc 6, 7-13 – XV TO/B).

Deve essere stato un momento molto difficile, per i Dodici, quando Gesù li manda ad annunziare il Regno, con la Parola e i segni concreti. Non finiremo mai, però, di riflettere su quelli che sono i requisiti fondamentali per essere inviati. “Ordinò loro – scrive il Vangelo – di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”. L’invito di Gesù credo vada collegato a quanto dice immediatamente prima: “diede loro potere”. Ho sempre pensato che il potere che Gesù affida necessita di una condizione: essere liberi da qualsiasi vincolo materiale.

La necessità di essere liberi, per esercitare bene un potere, è uno dei temi più appassionanti della storia dell’umanità. L’avidità per i beni materiali, e anche non materiali, ha rovinato tanta gente, non solo semplici cittadini, ma soprattutto coloro che hanno responsabilità verso gli altri. Chi è troppo legato a guadagni, tornaconti, denaro e beni materiali; è legato alla propria immagine e idolatra di sé (con o senza i social), è facilmente esposto a trasformare il proprio potere in esercizio costante di corruzione e perversione. Per non parlare del nostro Governo che si schiera per l’abolizione di reati che dovrebbero contenere queste derive del potere. 

Bisogna essere liberi, sempre e comunque. Non a caso Jung ha ricordato che ci si “ammala” di potere quando si inizia a non volerlo lasciare e ci si attacca con tutto se stessi, perdendo la propria libertà. Le dimissioni sono un atto nobile e raro, sempre più raro (a parte Benedetto XVI), visto che la gente è attaccata al potere come l’edera! Guai a distaccarsi, anche per pochi giorni! Abbiamo partiti politici, sindacati, istituzioni ecclesiali e via discorrendo dove la gente non va via neanche quando l’etica e la dignità lo impongono. Anzi fa di tutto per giustificare i loro atti inqualificabili, se non proprio illegali, e restare cosi al potere.

Non solo bisogna essere liberi dalle cose materiali ma anche da certe relazioni. Leggo in questa chiave il prosieguo del brano, quando Gesù dice: “Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. È molto difficile – più o meno quanto la prima condizione – essere liberi da coloro che si oppongono, non tanto a noi, quanto al piano di Dio. Non si ha un potere per legare e portare le persone a se stessi, ma per portarle a Dio. E se le persone non vogliono andare verso Dio, è un problema loro. Ciò non significa che gli altri hanno sempre torto e noi non sbagliamo mai nell’esercizio del nostro potere. Un sano e onesto discernimento aiuta tutti, dirigenti e diretti, responsabili e semplici membri di un’istituzione, a capire e verificare per quale finalità lavoriamo, con quali contenuti, mezzi e stile. A verificare, soprattuto, se operiamo per il bene dei singoli, dei gruppi e della comunità Se fine, mezzi e stile si discostano dal Vangelo notevolmente, se la situazione è irrimediabilmente persa per volontà di chi resiste all’annuncio… è bene, doveroso e salutare “scuotere la polvere dai piedi” e andar via. Dio poi provvederà, indicando nuove strade, nuovi incontri, fini e mezzi.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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