«Trovare la famosa chiave della pace richiede purtroppo tempi e pazienza!», Così il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei ed arcivescovo di Bologna, all’indomani del suo rientro in Italia da Mosca, ha risposto così alla domanda che gli avevo rivolto sull’esito del suo viaggio in Russia di questi giorni dopo quello compiuto in Ucraina ad inizio giugno. Con queste parole, Sua Eminenza ha così finito per smentire, sia pure indirettamente, tutti quelli che, in questi giorni, hanno definito un mezzo fallimento la missione di pace del porporato nei due Paesi in guerra. Non è un caso che lo stesso ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, quasi in contemporanea a quanto mi ha detto Zuppi, si sia dichiarato assolutamente favorevole ad un eventuale ritorno in Russia dell’inviato del Papa che si è mosso sul fronte umanitario assolutamente prioritario considerando anche i tantissimi bambini ucraini deportati.
Non è neppure un caso il fatto che il consigliere di Putin, Yuri Ushakov, nel giro di 24 ore abbia avuto due incontri con Zuppi e che, successivamente, si sia dichiarato pronto a discutere anche altre proposte avanzate dalla Santa Sede dopo che lo stesso cardinale avrà riferito al pontefice sull’esito della sua missione di pace. E Papa Francesco, dopo avere ricevuto in Vaticano una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, ha nuovamente insistito sull’assoluta necessità del dialogo: mai come oggi, San Pietro è davvero l’ambasciatore giusto per cercare una via di pace tra i due contendenti in guerra dal febbraio dell’anno scorso. E mai come ora il cardinale Matteo Zuppi appare come il “don Matteo” giusto per cercare la strada del dialogo, una strada che solo qualche tempo fa sembrava impraticabile, tra Putin e Zelensky.
È vero, il presidente della Cei non è stato ricevuto – come, del resto, già si sapeva – dal “numero uno” del Cremlino, ma il fatto stesso che il cardinale abbia comunque visto due volte il braccio destro di Vladimir è la miglior conferma che il viaggio a Mosca dell’emissario di Papa Bergoglio sia stato positivo checché ne dicano tutti coloro che hanno parlato di “fumata nera”. In fin dei conti, già venti giorni fa l’arcivescovo di Bologna mi aveva detto: «La chiave della pace c’è. In fondo la cercano tutti: ognuno ha la sua mentre ce ne è una sola. Che Dio ci aiuti!».
Adesso ha compiuto un altro passo avanti ed è certamente un buon segno anche perché il cardinale non è nuovo a certe imprese umanitarie: quando era ancora don Matteo e svolgeva la sua opera nella comunità di Sant’Egidio, era stato capace di fare firmare, il 4 ottobre del 1992, l’accordo per la pace nel Mozambico dopo 16 anni di guerra civile. A quando la sua prossima missione? A Kiev o a Mosca?
Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.