Oggi il mondo sta cambiando, anche se spesso non ce ne accorgiamo. In questi giorni potremmo facilmente interpretare i primi passi di Donald Trump come le solite eccentricità, prima che la vita torni alla sua normalità. Ma sarebbe un errore.
Il mondo sta davvero cambiando. Per rendersene conto basta leggere il discorso pronunciato al senato americano la scorsa settimana da Marco Rubio, il capo della diplomazia scelto da Trump. Rubio ha ammesso che gli Stati Uniti hanno beneficiato abbondantemente dell’ordine mondiale emerso alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, ma ha anche aggiunto che “l’ordine mondiale del dopoguerra non è solo obsoleto, è diventato un’arma usata contro di noi. […] Ancora una volta siamo chiamati a creare un nuovo mondo libero a partire dal caos”.
Finora ci eravamo convinti che gli Stati Uniti volessero difendere l’ordine mondiale dai “revisionisti” russi e cinesi, ma Rubio ha appena annunciato che anche l’America vuole ribaltare l’ordine attuale e crearne uno nuovo.
L’ordine del 1945 era fondato sulla gestione collettiva delle questioni globali, con la creazione delle Nazioni Unite e di un ventaglio di organizzazioni multilaterali. All’interno di queste istituzioni il peso degli Stati Uniti era dominante, in particolare durante la guerra fredda.
Trump non crede più in questo sistema. Il presidente eletto vuole dominare il nuovo ordine mondiale attraverso la potenza dell’America. È un cambio di paradigma riassunto dall’ormai famoso slogan “America First”. Per dirla con le parole di Rubio, “sarebbe impossibile andare avanti senza un’America forte e fiduciosa che agisca nel mondo mettendo i propri interessi nazionali al di sopra di tutto”.
L’ordine del 1945 è sotto attacco, non soltanto da parte di Mosca e Pechino, ma anche dei paesi del sud del mondo che sono rimasti esclusi dai centri decisionali. Trump va incontro a questa rivendicazione chiedendo una leadership americana basata sui rapporti di forza.
È chiaramente un ritorno alle logiche imperiali del diciannovesimo secolo, ma è anche un approccio realista? Anche se nella visione del mondo basata sulla forza e non più sul diritto c’è qualcosa che ricorda l’apprendista stregone, resta il fatto che tra qualche ora Trump tornerà alla guida del più potente esercito mondiale, sostenuto dalle più grandi società del settore tecnologico i cui amministratori delegati saranno in prima fila a Capitol Hill.
Questa aspirazione degli Stati Uniti, realista o meno che sia, avrà conseguenze pesanti per il resto del mondo, soprattutto perché non presta grande attenzione alle alleanze e agli interessi degli altri paesi. L’Europa ne risulta ovviamente indebolita, come ha sperimentato sulla sua pelle la Danimarca con la rivendicazione di Trump a proposito della Groenlandia. A Copenaghen serpeggia ormai il panico.
La stessa preoccupazione dovrebbe circolare a Bruxelles. D’altronde quale può essere la reazione europea quando Google annuncia che non rispetterà le regole comunitarie sul digitale ed Elon Musk non risponde all’ingiunzione della Commissione europea affinché faccia chiarezza sull’algoritmo di X/Twitter? Il rapporto di forze non è certo favorevole all’Unione.
Un sondaggio d’opinione mondiale pubblicato la settimana scorsa dal think-tank ECFR indica che gli europei sono tra i più pessimisti rispetto all’avvento di Trump. Ne hanno ben donde, perché rischiano di esserne i più penalizzati. Allacciate le cinture, turbolenze in arrivo!
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