L’Italia è in declino demografico. Ai circa due milioni di individui persi dal 2014 ad oggi si aggiungerà la perdita di ulteriori cinque milioni di residenti fino al 2050 secondo le ultime stime rilasciate da Istat (scenario centrale). Il percorso involutivo di decrescita è alimentato dall’eccesso di morti sui nati, nel 2022 713mila decessi contro 393mila nascite, non controbilanciato dall’immigrazione netta con l’estero, nel 2022 poco più di 200mila unità. Il declino demografico si accompagna a un progressivo invecchiamento della popolazione come suggerisce l’aumento dell’età media a 46 anni nel 2022, contro i 41,9 registrati a inizio secolo. Negli anni a venire più di un terzo della popolazione in Italia sarà formata da individui di 65 anni e più e poco più di un decimo sarà rappresentata da giovani tra i 0 e i 14 anni.
Per capire come fronteggiare la crisi demografica bisogna guardare alle cause che l’hanno generata, in particolare alla fecondità oggi molto contenuta per motivi sia strutturali che comportamentali. I motivi strutturali risiedono nella persistente bassa fecondità che contraddistingue la demografia del nostro Paese dagli anni Novanta (il minimo storico di 1,19 figli per donna fu toccato nel 1995) ed erode oggi, a distanza di trent’anni, la platea di potenziali genitori spingendo al ribasso il numero di nati. I motivi comportamentali sono legati allo spostamento della procreazione ad età sempre più elevate in risposta ai crescenti investimenti in istruzione da parte di una quota crescente di donne.
Solamente negli ultimi venti anni l’età media al primo figlio si è spostata di due anni in avanti, da 29,6 anni nel 2004 a 31,6 anni nel 2022. Il mancato avvio di una famiglia prima dei 30 anni è interpretabile anche alla luce delle difficili condizioni di inserimento nel mondo del lavoro di giovani, in particolare donne, a fronte delle maggiori aspirazioni maturare negli anni di studio. L’Italia registra un tasso di occupazione giovanile (15-29 anni) tra i più bassi nell’Unione Europea (seconda solamente alla Grecia), pari a 33,3% contro una media UE27 di 49,2%.
Se si aggiungono le ripercussioni sull’economia dovute alla pandemia, il conflitto russo-ucraino e l’inflazione non si rimarrà sorpresi nel constatare che anche i demografi siano diventati più pessimisti in termini di prospettive future dell’andamento demografico italiano. A distanza di soli 5 anni, dal 2019 al 2023, gli esperti consultati da Istat al fine di predisporre ipotesi previsive sugli scenari futuri della popolazione (un centinaio di studiosi intervistati da Istat) abbiano riveduto al ribasso le loro stime sul numero medio di figli per donna, da 1,5 a 1,38 figli per donna nella previsione al 2050 e da 1,55 a 1,46 figli per donna nella previsione al 2080.
Unico segnale positivo suscettibile di innescare un meccanismo di controtendenza e rallentare l’inevitabile decrescita è la persistenza del modello di famiglia con due figli, opzione ancora oggi largamente preferita dalla maggioranza delle coppie italiane, che a fronte di una fecondità effettiva di 1,24 figli per donna, segnala l’esistenza di un bisogno di fecondità insoddisfatto e offre uno spazio di manovra per interventi volti a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento della fecondità desiderata dai giovani.
Il governo dovrebbe allora consolidare il sostegno alle coppie italiane affinché abbiano il numero di figli che dichiarano di voler avere quando progettano la loro vita riproduttiva per affrontare un futuro che paleserà in maniera sempre più evidente le conseguenze del declino demografico. Fronteggiare la sfida demografica potrebbe comportare l’allungamento della vita lavorativa, l’aumento degli investimenti a lungo termine nei risparmi pensionistici privati e il miglioramento della produttività del lavoro al fine di ridurre la futura pressione fiscale. Incoraggiare più persone, in particolare gli uomini, nella forza lavoro dedita alle attività di cura, facendo un uso migliore del personale corrente attraverso l’impiego della tecnologia e delle soluzioni digitali, è un approccio che risponde alle esigenze dell’attuale momento storico. Adottando una visione lungimirante in risposta al cambiamento demografico, l’Italia potrà guadagnare un futuro prospero e di successo anche in una società con meno individui e sempre più anziani.
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