Il mare di Cutro ci sta ancora restituendo i corpicini innocenti dei naufraghi della tragedia del Caicco e già altre vite vengono inghiottite nel Mediterraneo. Lampedusa è stata la prima visita del pontificato di Francesco, dieci anni fa. Dieci anni in cui il grido di salvezza e di accoglienza è caduto nel vuoto. Dieci anni di naufragi, di morti risucchiati dal mare in questa ecatombe permanente che è il Mediterraneo. Ed è sempre peggio. La nostra Marina e la Guardia Costiera hanno salvato in questi anni centinaia di migliaia di vittime (e continuano a salvarle, perchè è la loro missione). Ma alla legge naturale che impone di salvare una vita in pericolo capita sempre più spèesso di assistere alla legge di Pilato: si avvista un barcone di derelitti e nessuno lo soccorre.
È accaduta altre volte questa deroga a un comandamento del mare. Si è ripetuto ieri notte nel tratto di mare a 120 chilometri dalla Libia. Ci sono 30 naufraghi, una carretta che stentava a galleggiare e 17 salvati, durante un trasbordo improvvisato e difficile di un mercantile che per ore, insieme ad altre imbarcazioni, aveva creato una sorta di diga frangiflutti, mettendosi di traverso rispetto alla carretta del mare, per impedire che infierissero le onde, in attesa di intervenire alle prime luci dell’alba.
Si potevano salvare tutti? Certo che si potevano salvare. Il barchino, in balia del mare grosso, era stato avvistato da un aereo della Ong Sea Watch due giorni fa.
Il Centro di coordinamento di Roma ha raccolto l’allarme. La Guardia Costiera italiana ha risposto che non era la sua area di competenza e ha allertato quella libica. E quella libica se n’è infischiata, adducendo la causa che non aveva mezzi disponibili, nonostante gli operatori delle Ong avessero cercato di contattare ripetutamente i guardiacoste libici per convincerli inviare una missione di soccorso. Un tentativo con la Guardia Costiera maltese ottiene lo stesso effetto. Anche i successivi tentativi di un’altra ong, Alarm Phone, non ottengono risposta.
Quella notte i naufraghi non saranno soccorsi. Nessuna nave salperà dai porti. Ormai siamo all’attribuzione delle competenze, quasi si trattasse di immondizia da smistare, si parla di attribuzioni, di protocolli da rispettare con puntiglio amministrativo, di interventi da stabilire. E così quei disperati si ritrovano in balia del proprio destino. L’imbarcazione si ribalta a tarda notte. Il mercantile fa quello che può ma ne salva solo una parte dai flutti scuri di una notte in preda al brutto tempo. Segue dibattito: la colpa è degli scafisti, bisogna stroncare il traffico di esseri umani, non devono partire, nel nostro Paese non c’è posto per tutti, servono i corridoi umanitari. E quelli che intanto salpano lo stesso? Li soccorriamo o li lasciamo affogare in mare?

https://www.famigliacristiana.it/articolo/se-e-pilato-a-coordinare-i-soccorsi-in-mare.aspx