SARA’ SEMPRE SHABBAT, DI SERGIO VISCONTI

Il lavoro è per l’uomo o l’uomo è per il lavoro? Questa domanda emerge, di tanto in tanto, nella
riflessione filosofica e viene spesso messa al centro del pensiero sociale della Chiesa. Al di là del senso da dare a questa domanda, che comporta estensioni di riflessioni veramente vaste perché, ad esempio, dice anche, se pure indirettamente e solo per deduzione, del limite – se esiste un limite – da dare al guadagno che discende dal lavoro, importa evidenziare come e quanto il tema del lavoro sia ormai strettamente legato allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Un tema non banale, ma di grande rilevanza perché, come è facile intuire, riguarda il senso da dare al lavoro e, soprattutto, il senso del rapporto tra persona umana e lavoro. Teologia del lavoro (anche l’enciclica Laudato si di
papa Francesco si impegna su questo versante della riflessione teologica), spiritualità del lavoro, finalità cristiana del lavoro sono solo alcuni degli ambiti di una ragionare che attraversa il pensiero filosofico, teologico e religioso del Cristianesimo offrendo visioni che, a seconda della Confessione, meritano riflessioni particolarmente attente. Pensiamo, ad esempio, alle notevoli differenze tra  l’interpretazione che del lavoro è possibile riscontrare tra pensiero cattolico e pensiero del mondo della Riforma. Detto questo, mi sembra non oltre procrastinabile un coinvolgimento popolare rispetto a quanto sta accadendo o è già accaduto a proposito di Intelligenza Artificiale e lavoro. Non si tratta ovviamente di organizzare un redivivo quanto fuori tempo movimento luddista, ma semmai di dare vita ad un processo di formazione e informazione che renda avvertiti del “cambio d’epoca” e favorisca la costruzione di un futuro, ormai veramente prossimo, nel quale la persona umana continui in qualche
modo ad essere punto focale del lavoro, riferimento essenziale perché il lavoro abbia un senso e non sia solo fine e strumento per l’accumulo smodato e insensato di ricchezza nella mani di pochi. In ultima analisi per l’accumulo di potere economico e politico nella mani di pochi. Mi sembra interessante, scorrendo le pagine iniziali del Libro della Genesi, il crescendo dell’azione intrapresa
dal Creatore: un lavoro, per così dire, sempre più impegnativo e raffinato che, passando dalla
composizione del caos primordiale alla organizzazione delle terre e delle acque, della luce e delle tenebre, si manifesta nella sua massima espressione con la creazione dell’uomo e della donna, sua immagine. Poi il riposo per la contemplazione. Dio pone un limite alla sua capacità creativa. Si ferma dopo aver raggiunto il culmine del suo progetto: originalità e creatività si fondono in maniera mirabile prendendo forma nelle stelle del cielo e negli spazi sconfinati dell’universo, nelle molteplicità delle
specie animali e nella bellezza delle biodiversità ambientali, nella presenza dell’uomo. Questa
esperienza di limite forse ha qualcosa da dire oggi allo sviluppo senza limiti delle tecnologie, della creazione di algoritmi e della generazione di intelligenza artificiale che apre orizzonti sconfinati alla produzione di lavoro nuovo. Senza limiti, senza neanche il tempo di fermarsi a contemplare. Lavoro nuovo senza liniti e senza lavoratori. Dunque le macchine. Anch’esse senza limiti. Macchine sapienti, qualcuno le ha definite: capaci di sostituire il lavoratore, la persona umana. Capaci di calcolo complesso che nessuna mente umana potrebbe mai reggere, capaci di emozioni, come quelle degli
uomini. Capaci di Dio? Evidentemente no, se il creatore è l’uomo. Capaci di cosa, dunque, oltre che di precisione nelle applicazioni mediche e chirurgiche, ma anche nella scelta di obiettivi civili e militari da colpire producendo limitatissimi “effetti collaterali” e dando forma nuova alle guerre?
Capaci, allora, di cosa? La promessa di bene che viene dai nostri tempi nuovi pone seri problemi dal punto di vista etico: che ne sarà dell’uomo che sino ad ora ha trovato nel lavoro uno strumento di definizione di se stesso oltre che di realizzazione personale? Le macchine sapienti sostituiranno l’uomo nel lavoro? Come sarà scandita la giornata dei non lavoratori? Che ne sarà di masse di non lavoratori, destinate a “campare” con redditi di cittadinanza, elargiti da quote di dividendi di ricchezze sempre più grandi detenute da gruppi sempre più ristretti di ricchissimi? Il recinto dentro cui sarà consentito di muoversi e vivere sarà una riedizione orwelliana della Fattoria degli animali? Chi avrà
la possibilità di comprendere appieno e con verità quanto accadrà nel mondo, se anche l’informazione sarà gestita esclusivamente da macchine sapienti che opereranno secondo le indicazioni di algoritmi che avranno già scandagliato i desideri e, forse, pure le coscienze delle persone? Le domande potrebbero moltiplicarsi tendenzialmente all’infinito. Ciò che rimane è una prospettiva si silenzio, di
mutismo di fronte a ciò che il lavoro produrrà (e la produzione sarà di beni virtuali di cui godere nei territori di un metaverso che forse sarà l’unica possibilità di viaggio per donne e uomini privi di reddito che permetta vacanze, avventure, viaggi?). Un mutismo sarà il denso senso di un riposo forzato che determinerà la quotidianità privando l’uomo della festa. Sarà sempre shabbat ma di fatto non sarà mai festa.

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