Il Vangelo odierno: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». (Mt 5, 1-12)
Non ci sono dubbi che diverse distorsioni nella storia ecclesiale hanno allontanato il “progetto santità” dalla vita quotidiana delle persone. Addirittura, molto banalmente, c’è chi pensa che oggi sia la festa de “l’onomastico di tutti”, magari in un minestrone di zucche e mascherate! Il Vaticano II ha cercato (e cerca!) di riportare la santità per le strade; di insegnare che tutti siamo chiamati ad essa. O come scriveva Raissa Maritain: “Esiste una santità per ognuno di noi, commisurata al nostro destino, e che Dio si propone di ottenere per vie che non sono catalogate in alcuni manuali di perfezione”. E’ qui il punto: scoprire che la “santità è mia”, ossia che c’è una per me! Per i cristiani oggi è la festa della santità di ognuno, da ricercare e costruire quotidianamente. La pagina evangelica ci aiuta tanto perché riporta il tutto su termine “beato”, ossia “felice, sereno”. Non c’è santità che non ci porta un po’ di serenità e felicità, pace e giustizia, certamente insieme a prove. Ma non lo facciamo per le prove, ma per essere sereni e felici in Dio. Nonostante tutto.
Uno dei discorsi più vuoti e inutili sulla santità è attribuire ai tempi che viviamo la difficoltà del seguire le beatitudini evangeliche. Perché sono esistititi tempi favorevoli alla coerenza evangelica? Suvvia, non diciamo sciocchezze! Da che mondo è mondo pace, giustizia, solidarietà, accoglienza degli stranieri, mitezza, misericordia non sono state mai di moda. La santità non si gioca “intorno a me”, ma “dentro di me”. Parliamo molto di santi e santità dimenticandoci di questa profonda e radicale scelta interiore per essa.
Scrive Albert Camus ne La peste: “Se si può essere un santo senza Dio è il solo problema concreto che oggi io conosca”. L’autore francese apre una riflessione anche per chi non crede. Se è dentro di me che si gioca la santità, allora ciò non vale solo per i credenti delle grandi e piccole religioni universali, ma anche per ogni uomo e per ogni donna: in ogni persona c’è la possibilità di scegliere tra un SI per ciò che conta nella vita e la fa crescere e un NO per ciò che è deleterio e la distrugge. Ciò vale in Ucraina come in Russia, in Israele come nei territori palestinesi, a casa mia come in ufficio, in politica come in economia.
Ancora Albert Camus: «Ecco: lei è capace di morire per un’idea, si vede ad occhio nudo. Ebbene io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo all’eroismo, so che è facile e ho imparato che era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama». E’ interessante notare che tutti coloro che sono accecati da odio e distruzione, prigionieri del loro fondamentalismo (siano essi ebrei, cristiani, musulmani, atei o agnostici) pongono una (presunta) “causa” come loro obiettivo e per essa sono capaci di uccidere e distruggere persone e ambiente. La santità cristiana (ma credo anche “laica”) non è morire per un’idea e contro qualcuno, ma morire per una persona, per delle persone e per il loro bene. Altrimenti tutto si trasforma in ideologie totalizzanti che hanno distrutto in nome di un’idea, che si doveva (e deve) affermare contro tutti e tutto, senza riconoscere responsabilità (precise e diverse, a seconda dei casi), che esistono in tutti: nei politici come nei semplici cittadini, a Kiev come a Mosca, a Gerusalemme come a Gaza, a Roma o Washington come nella mia comunità di fede o nel mio ambiente.
Non vogliamo e non abbiamo bisogno, in questo mondo di “guerre a pezzetti”, di persone che muoiono per un’idea o presunto principio che calpesta vite e ambiente, tradisce giustizia e pace, mortifica la solidarietà e l’accoglienza. Un altro testimone, Lorenzo Milani, scrive dei giovani ma vale per tutti, anche adulti e anziani: “Non vedremo sbocciare dei santi, finché noi ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale. Qualcosa, cioè, che sia al centro del momento storico che attraversiamo, al di fuori dell’angustia dell’io, al di sopra delle stupidaggini che vanno di moda”.
Rocco D’Ambrosio
[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]