«In generale – scriveva David Hume – gli errori della religione sono pericolosi, quelli della filosofia solo ridicoli». Potrebbe andare sotto questa massima di riferimento quanto affermato da Ahmed al Tayyeb, imam di al Azhar e presidente del Consiglio degli anziani dell’Islam, l’uomo con cui Francesco ha firmato nel 2019 il “Documento sulla fratellanza”, al “Bahrain Forum for Dialogue: East and West for Human Coexistence” del 4 novembre ’22 (per il discorso integrale vedi qui ).
L’imam, nella sua lezione magistrale, ha precisato con forza, che la politica, nei suoi piccoli e grandi scenari, molto spesso genera “guerre, spargimenti di sangue, distruzioni, tumulti, bambini orfani, vedovanza, povertà, lutti, immigrazione, sfollamento e la paura di un futuro sconosciuto dove prevalgono l’incertezza e la preoccupazione costante”. L’imam non ha dubbi nell’affermare che “una volta che iniziamo a contemplare il motivo dietro tutte queste tragedie, ci rendiamo presto conto che è l’assenza di giustizia“. Se pur in un quadro teocratico di visione politica e giuridica, tipica dell’approccio musulmano, come non dargli ragione? Agostino ci ha ben spiegato che “se non è rispettata la giustizia che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri [magna latrocinia]?” (De Civitate Dei). Per cui le lamentele, il pessimismo riguardo ai mali odierni devono tramutarsi in capacità di studio e azione per scoprire quante “assenze” di giustizia ci sono nel mondo, le cause e i responsabili di esse.
Il riferimento alla conoscenza è una costante del discorso di al Tayyeb. Il termine usato è quello di “acquaintance”, che sta a significare “conoscenza”, non nel senso profondo ma di “conoscente” che non è ancora amico, cioè intimo. “Questa teoria – dice al Tayyeb – si basa sulla parola “Ta’aaruf” (Conoscenza) che si trova nel Corano come chiarimento per valide relazioni globali tra nazioni e popoli”. L’imam spiega, basandosi su precisi versetti coranici, che le civiltà non devono scontrarsi (vedi The Clash of Civilisations) ma devono ricordare che Allah ci ha creati: 1. differenti e le differenze non vanno annullate; 2. ci ha creati liberi di credere o meno e nessuna religione può essere forzatamente inculcata; 3. il rapporto tra le persone può funzionare solo “attraverso la conoscenza, che è il modo in cui Allah ha stabilito le interazioni e le relazioni tra le persone”.
E qui la voce dell’Imam è stata di una chiarezza cristallina nel precisare, ancora una volta, che l’Islam è una religione di pace e che “l’istituzione della guerra nell’Islam contro gli infedeli è falsa e in effetti mente apertamente sull’Islam e sulla vita del suo Profeta, anche se ciò è affermato da alcuni seguaci della stessa religione, una religione che si basa su prove e prove, non su ambiguità e bugie”.
Per al Tayyeb si necessita, allora, un consolidamento della politica attraverso la cultura perché questa ha la capacità di comprendere l’umanità e “comprenderne i diversi aspetti, fisici, spirituali, intellettuali o emotivi”. Di qui l’individuazione di una responsabilità interna al mondo musulmano: “Invito innanzitutto studiosi e pensatori religiosi a impegnarsi maggiormente nell’educazione dei giovani su tali fatti indiscutibili sulle comunanze religiose. Dovrebbero essere adattati ai moderni programmi accademici per insegnare e convincere i giovani che c’è spazio nella vita agli occhi della filosofia religiosa per persone di fedi, razze, colore e lingue diverse e che la diversità culturale arricchisce la civiltà e stabilisce la pace che è carente”.
Ed è qui che, a mio modesto avviso, la lezione diventa più incisiva: lasciare nell’ignoranza i fedeli o, ancor peggio, nutrirli di falsità non ci aiuterà mai a vivere in pacifica fratellanza. Ciò vale per i musulmani, ma anche per ebrei, cristiani e uomini e donne di altre religioni e culture. Gli errori sono pericolosi (Hume), sono nefasti e malefici. Un esempio per tutti: gli integralismi religiosi sono nutriti di menzogne (anche affascianti e seduttive) e cosi alimentano terrorismi della parola e delle bombe. Che Dio ci liberi e ci doni cultura autentica e pace duratura!
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari]