Seppur en passant, la riflessione di Domenico Marrone su Il prete e la vita sessuale si sofferma sulla questione, ancora oggi spinosa, dei preti, dei religiosi e delle religiose con orientamento omosessuale. Aperta la questione, Marrone la chiude quasi immediatamente con le risolutive parole di papa Francesco, alle quali rimandiamo nell’articolo di Settimana news (http://www.settimananews.it/ministeri-carismi/il-prete-e-la-vita-sessuale/#_ftn7). Seppur rimangono aperte molte questioni sull’accettazione o meno all’Ordinazione di persone con orientamento omosessuale, possiamo cogliere due differenti provocazioni riguardo alla vita del presbitero sia prima dell’Ordinazione sia in seguito. Non vogliamo, dunque, soffermarci sui criteri di ammissione dei candidati all’Ordine sacro, criteri e riflessioni che lasciamo a persone più competenti di noi, ma desideriamo sottolineare due prospettive culturali che vanno ben al di là della sessualità e dell’orientamento sessuale del singolo presbitero.
La prima provocazione che vogliamo affrontare è su passaggio, nel corso degli anni, della riflessione sull’orientamento sessuale alla questione dell’identità di genere. Si tratta, dunque, di una provocazione che attraversa più la questione culturale, sociale e politica e che pone un interrogativo all’orientamento sessuale e all’identità di genere di ogni presbitero, omosessuale o eterosessuale che sia. Nella maggior parte dei gruppi adolescenziali e giovanili, come anche nei gruppi adulti un po’ più aperti alla tematiche della contemporaneità, si sente l’urgenza di parlare di sessualità, di affettività, di identità di genere. Ed è proprio quando iniziamo a parlarne che comprendiamo il grande gap culturale che esiste fra le generazioni, come anche del grande smacco in cui si trova, ancora oggi, la riflessione pastorale e teologica nelle comunità parrocchiali. Infatti, mentre all’interno delle questioni e dei documenti ecclesiali facciamo ancora fatica a parlare di omosessualità, gli adolescenti e i giovani delle comunità parrocchiali hanno già un approccio molto più evoluto riguardo alla questione. Da una parte i presbiteri si soffermano ancora sull’orientamento sessuale, etero o omo che sia, mentre gli adolescenti e i giovani hanno dimestichezza con una pluralità di generi che ancora non riusciamo a comprendere e a studiare con serenità: transessuale, intersessuale, bisessuale, asessuale, non binario, cisgender, gender fluid, queer, trans gender. Tutte parole che cercano di interpretare e di descrivere una relazione con la propria sessualità e che, purtroppo ancora troppo spesso, releghiamo dietro il fantasma dell’ideologia gender, fomentata da meccanismi di autosuggestione complottista. Scrive Damiano Migliorini:
Per capire il “fenomeno gender” – e guardarsi allo specchio come Chiesa – vanno richiamati alcuni passaggi di cronaca che ci interpellano teoreticamente e ci aiutano a comprendere su quali questioni è necessario soffermarsi per dissipare i fraintendimenti e cercare dei punti di incontro. In quest’ottica, l’analisi di Sara Garbagnoli su come sia nata l’etichetta “ideologia del gender” – in quali ambienti e contro cosa – è puntuale nel mostrare che “la-teoria-del-gender” è un’invenzione polemica creata tramite una strategia di etichetta mento (labelizzazione), di maquillage di vecchie argomentazioni, di torsione del discorso dell’avversario e di captazione di slogan e simboli (dei movimenti di liberazione) riformulati con l’obiettivo di “rivestire un pensiero reazionario con i segni della sovversione”. Consapevoli della portata rivoluzionaria di alcune categorie “teoretiche”, prosegue l’autrice, gruppi religiosi reazionari si sono opposti alla produzione di categorie analitiche (genere, omotransfobia, eteronormatività) per nominare e analizzare la subordinazione delle minoranze sessuali.[1]
Le parole e la breve ricostruzione storica di Damiano Migliorini ci aiutano a cogliere quella sorta di immobilità dentro, come presbiteri e ancora di più come Chiesa, releghiamo l’identità sessuale e il bisogno espresso dai ragazzi e dalle ragazze che frequentano anche le nostre comunità parrocchiali, di dare un nome a chi sono, anche attraverso la sessualità. Ma se questo risulta ancora difficile per le comunità parrocchiali e per i presbiteri impegnati nella formazione degli adolescenti e dei giovani, è ancora più difficile per i presbiteri stessi, per l’accettazione del loro orientamento, per la comprensione di come vivono il loro celibato in relazione alla loro sessualità. L’intelligenza della descrizione di Marrone è proprio in questo legame fra sessualità e celibato. Non solo fra celibato e pratica della sessualità, ma come celibato in relazione alla sessualità unica e irripetibile di ciascuno di noi. E dinanzi a questa provocazione culturale, ci occorre riconsiderare la sessualità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere come un segno dei tempi, come una questione ineludibile per l’annuncio del Vangelo, per l’azione pastorale e per la spiritualità di ciascun presbitero. E, ci occorre ammetterlo, siamo ancora troppo in ritardo nel fare i conti con la (nostra) dimensione affettiva e sessuale di presbiteri, per poterne essere testimoni nei confronti degli adulti, come anche dei giovani e degli adolescenti delle nostro comunità parrocchiali e delle nostre città. Sappiamo ancora poco, ci informiamo ancora poco, studiamo ancora poco, facciamo esperienza della nostra sessualità ancora poco. Fondamentalmente perché, forse, crediamo che il celibato sia ancora una castrazione della sessualità, una mancanza, una morte che non può risorgere e che non può dire nulla alla nostra mascolinità, al nostro essere maschi e uomini. La prima provocazione culturale, sociale e politica nei confronti della sessualità del prete è proprio quella di riconoscersi in questo mondo che vede nella sessualità una pluralità magmatica e complessa, per poter dire qualcosa della propria sessualità. Collocandoci, poi, in una prospettiva che vedrà le giovani generazioni di presbiteri, gli adolescenti e i giovani di oggi, avere molta più dimestichezza con la pluralità e la fluidità della sessualità.
La seconda provocazione vuole essere più di carattere spirituale, riflettendo intorno ad una affermazione di André Louf:
Nell’accompagnamento spirituale sono in gioco attitudini paterne e materne, perché esso si regge sull’iniziativa di Dio che integra in sé nel contempo il polo paterno e materno. Emtrabmi sono necessari per permettere all’immagine di Dio-padre come a quella del Dio-madre di manifestarsi nella persona della guida spirituale. Credo che a quest’ultima sia utile conoscersi e sapere su quale versante si collocano le sue potenzialità: ciascuno, infatti, in quest’ambito ha dei doni personali. È anche importante essere consapevoli dei propri limiti, sapere fino a che punto si ha bisogno della supplenza di un altro nel gruppo, nel dialogo o nella comunità. Dove sono le mie possibilità migliori? Sono più padre o più madre? A quale livello posso intervenire più facilmente? Sono convinto che ciascuno di noi, senza che ne abbia pienamente coscienza, ha il suo dono particolare ma questo dono è al tempo stesso la sua debolezza. Nella misura in cui la nostra qualità materna o paterna è accentuata, noi rischiamo di offrire una possibilità di sviluppo unilaterale, mentre il valore complementare fa difetto. Questo naturalmente dipende in larga parte dal fatto che ciascuno di noi è uomo o donna, ma non si dovrebbe sopravvalutare l’importanza di questo dato perché, come si è detto, l’uomo può presentare potenzialità “femminili”, naturali o acquisite: non è raro nei nostri ambienti e non costituisce necessariamente un pericolo, anzi spesso è un’opportunità da sfruttare. Allora stesso modo, per le donne, mi sembra si debba tener conto delle possibilità di potenzialità “maschili”.[2]
L’accompagnamento spirituale che, in modo particolare, viene richiesto ai presbiteri mette in gioco anche la sessualità del prete, la sua castità e il suo celibato. Non solo in termini di violazione del setting, che in psicologia indica l’infrazione di norme che regolano il rapporto psicoterapeutico. Non si tratta solo di rischi di una violazione dell’altra persona per un appagamento sessuato e sessuale, fino ai limiti del morboso. Si tratta, invece, di una messa in gioco della sessualità personale di ciascuno come implicazione anche dell’orientamento sessuale e delle caratteristiche maturate da ciascun presbitero nella sua sfera affettivo-sessuale. Un essere più materno o più paterno, una coscienza delle inclinazioni e dell’orientamento personale non solo dell’accompagnato ma anche dell’accompagnatore spirituale possono essere elementi generativi nel discernimento. Un accompagnatore con tratti paterni è assertivo, indica cosa bisogna fare, mostra la strada, libera dalla paura, infonde coraggio, mentre un accompagnatore con caratteri femminili consola, accudisce, rianima, ascolta e cerca di comprendere. Caratteri maschili e femminili con cui ciascuno di noi fa i conti nell’energia della sessualità personale. Elementi che non si definiscono una volta per tutte e che non implicano una scissione l’uno dall’altro ma coesistono nella stessa persona con accenti più o meno sviluppati. Ed è in questa ricchezza dell’unicità sessuata e sessuale di ciascuno che il celibato stesso viene vissuto alla luce non di una negazione ma di una umanizzazione della sessualità. Non solo come nessuno fra castrazione e frustrazione, ma come energia che si libera, creatività, spessore umano, capacità di far spazio, di ritirarsi per far emergere gli altri e le altre, per generare vita. Una vita presbiterale che ci fa gustare il celibato, rende piacevole la nostra sessualità come sprigionamento di energie e di caratteristiche maschili e femminili, ci fa scoprire amati e ci rende amabili anche nella misura in cui sappiamo gioire e ridere della nostra nudità presbiterale, del nostro sesso che, con gli angeli, ha solo un elemento in comune: l’accompagnamento.
[1] D. Migliorini, Gender, filosofie, teologia. La complessità, contro ogni ideologia, Mimesis, Milano-Udine 2017, p. 21-22.
[2] A. Louf, Discernimento: scegliere la vita, Qiqajon, Magnano 2017, p. 74-75.