PIANGERE E PREGARE INSIEME,DI DONATELLA A. REGA

Sul piangere e sul pregare, soprattutto insieme, si dovrebbe parlare molto. Appare infatti incomprensibile ai miei occhi come mai la spinta naturale di ogni essere umano verso la spiritualità, possa tramutarsi, attraverso le religioni e le interpretazioni dei relativi “testi sacri” in spinte profondamente divisive ed in semi, altrettanto profondi, di odio. Temo che l’odio sia fomentato ed artato e non sia naturale. Abbiamo avuto molti esempi nella Storia, e ne abbiamo tuttora, di convivenze pacifiche tra diverse etnie e diversi credo religiosi purché non intervengano fattori esterni studiati o derivanti al contrario da improvvida inanità politica.

Mi ha colpito, pochi giorni fa, una delle frasi conclusive in “Anatomia di una caduta”. Il bambino che in qualche modo ne è protagonista, presentandosi come testimone, nel processo chiave del film, dice alla corte pressappoco così: “bisogna chiedersi il perché” o “deve esserci un perché”, riferendosi alla ricerca della verità. Un’affermazione apparentemente ovvia, ma che spesso esula dai nostri frettolosi dibattiti sulla cronaca ed a volte anche sulla Storia.  Non basta quindi indagare sui fatti, non basta cercare le colpe, non basta trovare un filo logico attraverso le evidenze. A volte bisogna dedurre la verità attraverso un sentire profondo, che può emergere, soltanto nel silenzio e nell’abbandono, dallo sguardo della nostra anima e soltanto se ci chiediamo il perché delle cose.

L’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene che col cuore, dice la volpe al Piccolo Principe nel romanzo di de Saint-Exupery. Io dico invece che gli occhi talvolta vedono l’essenziale ma la ragione si rifiuta di percepire ciò che gli occhi vedono, solo il cuore ci fa strada in questa cecità. Viviamo in un’epoca in cui rischiamo di perdere l’anima, in tutti i sensi, come credenti e come atei, ed in ogni parte del mondo. Anzi la parola “anima” comincia a diventare desueta anche se non dovrebbe avere solo connotazioni religiose e dovrebbe far parte del vocabolario di qualsiasi persona dotata di una comune sensibilità.

Perché stiamo perdendo l’anima? Perché non siamo più capaci di piangere insieme per i bambini morti, a qualunque popolo appartengano ed in qualsiasi modo siano morti? Cosa ci è successo?

Perché chi promuove unità e pace viene additato ed anzi a volte perseguitato o addirittura in certi contesti eliminato?

E di chi promuove il terrore cosa c’è da dire? Si tratta veramente di difensori di un popolo? Oppure alcuni si fanno arbitrariamente paladini di altri in un perverso gioco di eterna sottomissione alla violenza?

Vendetta e giustizia vanno veramente a braccetto?

Perché, chiedere perdono, non è più possibile? Perché il perdono non viene chiesto? Perché il perdono non viene concesso? Perché?

Sembra più facile, è vero, eliminare il nemico, perché forse, dopo forti interventi divisivi, costa fatica conviverci o addirittura fare pace e non considerarlo più un nemico. Eppure questa è l’unica soluzione, è l’unica via.

Fa specie vedere e sentire che chi ha in mano la responsabilità della vita di interi popoli, non ci insegni questi princìpi, come farebbero invece un buon padre o una buona madre di famiglia, ed invece ci divida, ogni piè sospinto, creando fazioni avverse su tutto. Un buon padre o una buona madre che gettassero paglia sul fuoco per fomentare i figli gli uni contro gli altri lo farebbero solo in condizioni di ubriachezza, solo in un momento di follia. Sembra quasi, tornando al chiedersi il perché e darsene risposte, che questi “responsabili”, sostanzialmente irresponsabili, inseguano qualcos’altro, sembra abbiano in mente qualcos’altro che non sia l’interesse del loro popolo. Ma cosa inseguono? E perché?

La risposta non cerchiamola nei social pieni di “verità” straordinarie e spesso inquietanti. Ascoltiamo invece nel silenzio quella voce che viene dal profondo. Proviamo, se ci riesce, a piangere per i bambini che muoiono accanto a noi e lontano da noi e per qualsiasi ragione muoiano.

Qualora eleviamo una preghiera per la pace, sappiamo che essa si eleva uguale in tutto il mondo.  Nella rabbia si maledice talvolta, specie se si è immaturi, ma quando la rabbia sfuma non resta che questa preghiera universale. Non c’è altra via.

Torniamo per un attimo al pianto. Avete mai visto piangere in maniere diverse? Tutte le madri e tutti i padri piangono alla stessa maniera. Strano, vero? Le lacrime non fanno rumore quando scendono e se le raccogliessi ti accorgeresti che non hanno colore. Ed i lamenti strazianti non hanno idioma se non un suono, sempre lo stesso, in ogni parte del mondo.

Ci si abbraccia allo stesso modo in tutto il mondo, azzerando le distanze al punto che si possa mettere a fuoco solo il reciproco battito del cuore. È giunto, o non ancora, il momento di farla finita con le ostilità e, magari,  abbracciarsi?

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