La Terra, in un immaginario colloquio con tutti noi suoi abitanti, ricorderebbe i continui, drammatici e inascoltati moniti che ci invia sulle nefaste conseguenze dei cambiamenti climatici da noi indotti; e concluderebbe, amaramente, che, alla fine, essa comunque continuerà ad esistere però l’umanità non sopravviverebbe. Infatti, solo chi è cieco, ma ce ne sono troppi, non riesce a vedere i disastri progressivamente indotti dai cambiamenti climatici e dall’ebollizione globale, come è stata definita dal Segretario generale ONU Guterres. Papa Francesco, per ultimo con l’esortazione apostolica Laudate Deum otto anni dopo la Laudato sì, ci richiama al rispetto della natura per rispettare la dignità della vita umana. Ma facciamo finta di niente.
Farsi carico della non più rinviabile transizione ecologica è una scelta indispensabile. A tal fine sarebbe però necessaria una ferma volontà dei decisori politici, anche se il dissacrante attore e comico francese Coluche sosteneva che un vero ecologista sarebbe divenuto Presidente solo se avessero votato anche gli alberi.
D’altronde, è ormai pacifico per l’ordinamento giuridico internazionale che l’Ambiente costituisce principale emergenza per l’umanità ed è, sempre più, centro di imputazione di diritti universali; cosicché, tutto quanto lo riguarda cancella il sovranismo, vero imbroglio culturale, che risulta in palese contraddizione con le azioni, necessariamente sovranazionali, utili per difendere la nostra Terra.
È recente testimonianza di questa prospettiva la storica Risoluzione con cui il 26 luglio 2022 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, affermando la centralità della persona, ha qualificato l’accesso ad un ambiente pulito, sano e sostenibile come un «diritto umano universale».
Diventa, quindi, sempre più frequente il ricorso alla via giudiziale per ottenere dai governi il rispetto delle norme esistenti con risultanti incoraggianti. Invero, in molti Tribunali la legittimazione ad agire è stata attribuita non ad un organismo creato ad hoc, bensì a singoli soggetti, addirittura minorenni, legittimati a far valere anche i diritti delle generazioni future. I contenziosi climatici si stanno sviluppando dappertutto e il richiamo espresso all’interesse delle future generazioni costituisce certamente un parametro sostanziale di legittimità internazionale e anche costituzionale delle scelte alle quali sono chiamati i decisori politici. Anche se troppo spesso ogni governo, come cantava il grande Fabrizio De André, «si indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità».
In realtà, i diritti individuali e sociali non sono, altresì, separabili dai doveri. Si tratta della classica situazione nella quale il locale, dove si dovrebbe ottemperare ai doveri, si sposa inevitabilmente con il globale. Ricordiamo che il «Battello Terra» ci vede non passeggeri ma membri dell’equipaggio.
Resta, comunque, il problema di una pur ampia base normativa internazionale, con riferimento soprattutto al Trattato di Parigi del 2015, inadeguatamente tradotta in atti concreti di esecuzione. Le annuali Conferenze sull’ambiente delle Nazioni Unite, la prossima a Dubai, devono anche risolvere il problema del riconoscimento a favore dei Paesi più poveri, vittime immediate dei cambiamenti climatici, di un Fondo quale risarcimento per i danni loro prodotti dalla incosciente produzione di emissioni inquinanti da parte dei Paesi cosiddetti sviluppati; questi, fra l’altro, qualificano spesso «migrante criminale» chi fugge dalla crescente invivibilità di molti territori devastati dalla progressiva distruzione dell’ecosistema.
Nel quadro del grande lavoro svolto all’interno delle Nazioni Unite va peraltro sottolineato che il merito di aver assunto la guida di questo processo deve essere riconosciuto soprattutto all’Unione Europea. Essa non solo si è spesa con forza nei vari contesti internazionali ma ha poi concretizzato i conseguenti risultati nell’adozione di significative normative vincolanti. È proprio il carattere sovranazionale alla base della sua stessa nascita ad evidenziare la piena sintonia con una problematica che, come si è già indicato, non può che prescindere dai vari confini nazionali; l’Unione, correttamente, ha così determinato il passaggio ad una politica trasversale in grado di caratterizzare ogni propria azione alla luce delle esigenze climatiche e ambientali.
In conclusione, responsabilità, rispetto e solidarietà, anche intergenerazionale, sono le chiavi di volta di un processo che non può più attendere, in cui l’ambiente e la sua tutela non costituiscono ostacoli allo sviluppo economico ma, anzi, sono mezzi per la sua promozione. Non a caso ben sei delle Proposte prodotte dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa riguardano in termini specifici l’ambiente e la sua tutela. L’obiettivo è quello di formare un numero crescente di consapevoli «patrioti della nostra Terra» per salvaguardarne l’esistenza stessa. In fondo è l’unica cosa che tutti condividiamo.
ENNIO TRIGGIANI
[docente di diritto europeo, università di Bari, socio CuF]
fonte: GdM del 15.10.2023