Non rubiamo il futuro ai nostri giovani: Europa vuol dire pace, di Ennio Triggiani

Bisogna scongiurare il furto del futuro, soprattutto per i nostri giovani. Mi spiego. L‘elezione del nuovo Parlamento europeo, più che mai decisiva, disegnerà le sorti del nostro Continente e del nostro Paese per il prossimo decennio; e, con la velocità che contraddistingue lo svolgersi degli eventi nella nostra epoca, si tratta di un periodo enorme.
Al di là delle sfumature interne, ognuno di noi si trova di fronte alla necessità di scegliere fra due opzioni. La prima riguarda uno scenario in cui ormai non è rinviabile l’evolversi del processo d’integrazione europea verso un progressivo ma irreversibile percorso che trasformi l’attuale Unione Europea in veri e propri Stati Uniti d’Europa. La seconda opzione, al contrario, ritiene che sia il momento per gli Stati membri, e quindi per l’Italia, di recuperare parte dei poteri trasferiti a Bruxelles avvalorando la sovranità nazionale.
Per chi scrive, questa seconda opzione è irrealistica e fuori dal tempo. Anche rispetto alla tragedia in atto di due guerre ai nostri confini con possibili spaventose conseguenze, l’Unione europea è del tutto assente nei tentativi di mediazione così come sono nei fatti irrilevanti Stati anche significativi, militarmente, come la Francia. La ragione è semplice. L’Unione non ha una propria politica estera e di difesa in quanto l’espressione della stessa è paralizzata dal vincolo dell’assunzione all’unanimità di ogni decisione. Eppure, una realtà come l‘UE, fondata sul valore della pace che ha realizzato al proprio interno dopo secoli di guerre fratricide, avrebbe sicura autorevolezza per portare sul tavolo dei negoziati la propria identità.
Ma non è il solo campo. La Comunità internazionale deve affrontare tematiche complesse che i singoli Stati non sono in grado di affrontare singolarmente. Pensiamo alle questioni ambientali e ai crescenti guasti che l’inquinamento produce sull’ecosistema con eventi meteorologici estremi mai visti prima.
Consideriamo i flussi migratori, per varie ragioni inevitabili e non bloccabili ma solo da gestire nella maniera più razionale ed efficace; o la lotta alla criminalità organizzata internazionale e al terrorismo. Riflettiamo sulla fragilità delle nostre economie nazionali di fronte a crisi come quelle che pure sorgono altrove (Lehman Brothers) o che conseguono a gravi epidemie, come il Covid: che ne sarebbe stato dell’Italia senza il poderoso e solidale aiuto finanziario dell’Unione di circa 200 miliardi di quali 80 come pura sovvenzione? E che dire della scarsità di risorse energetiche e, progressivamente, idriche? Per non parlare delle sfide dettate dall’Intelligenza Artificiale per la quale già l’Unione ha adottato un apposito Regolamento.
In altri termini, il grave errore che viene commesso è dato dal confondere indipendenza e sovranità senza comprendere che proprio cedendo porzioni della prima si riesce a preservare la seconda in termini di effettività. La sovranità condivisa è reale, quella che si rinchiude in sé stessa è povera e fittizia. E questo è ancor più vero se i legami fra gli Stati che sposano questo progetto diventano sempre più saldi dando altresì maggiore qualità al livello della democrazia. Siamo sicuri che questa sia garantita dall’essere affidata a istituzioni in realtà prive del potere di governo in materie essenziali per la vita dei cittadini?
Dobbiamo perciò essere consapevoli dell’importanza dell’elezione del Parlamento europeo e rafforzarne il ruolo anzitutto andando a votare, concretando un grande esercizio di democrazia che avrà l’effetto, come affermato dal Presidente Mattarella, di «consacrare» il primato europeo, peraltro sancito con chiarezza dalla nostra Costituzione (artt. 11 e 117). E ciò vale non solo per consentire l’uso appropriato dei poteri legislativi ad esso affidati ma anche per dargli la forza politica di attivare il necessario impulso al processo di riforma del Trattato di Lisbona, lungo e difficile e proprio per questa ragione da mettere in moto al più presto. L’Unione è un «laboratorio» di una democrazia di più popoli.
È quindi in campo la scelta fra un’ulteriore cessione di sovranità in nome di un vantaggio strategico su settori chiave con l’affermazione di una sovranità europea, che non sostituisce anzi rafforza quella italiana, oppure l’arroccamento su una ambigua visione identitaria dell’Italia. Questa, in assenza di più solidi argomenti, si aggrappa a sciocche banalità quali una Unione ridotta alla «farina degli insetti» (chi ci obbliga a usarla?) o a «tappi di plastica che non si staccano» (sarebbe preferibile continuare a buttarli in giro senza pensieri per l’ambiente?).
La carta d’identità dell’Europa si determina con la pace e con l’integrazione nella solidarietà, valori da proporre al resto del mondo e di cui si è parlato poco in campagna elettorale. Allora, come cittadini responsabili evitiamo che si determini il sicuro declino dell’Europa e degli Stati che ne fanno parte. Sarebbe il furto del futuro cui accennavo all’inizio.

lagazzettadelmezzogiorno.it/news/editoriali/1510484/non-rubiamo-il-futuro-ai-nostri-giovani-europa-vuol-dire-pace.html

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