Alcune norme del cosiddetto decreto Cutro, convertito il 5 maggio dalle Camere nella legge numero 50, suscitano «profonda preoccupazione» nell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. La legge contiene disposizioni che presentano diverse «criticità», «per quanto riguarda la loro compatibilità con la normativa internazionale sui rifugiati e sui diritti umani», in merito «alla fattibilità delle misure previste» e «al loro potenziale impatto sul sistema d’asilo» e «sullo spazio di protezione garantito a richiedenti asilo, rifugiati e persone apolidi».
Osservazioni contenute in una «nota tecnica» di 9 pagine inviata dall’Acnur al governo Meloni. Il documento, che Avvenire può anticipare in esclusiva, contiene almeno una decina fra raccomandazioni e osservazioni. Nel pronunciarsi, l’organismo dell’Onu si muove nell’alveo delle proprie competenze. Le sue «raccomandazioni», si legge, sono infatti «elaborate sulla base del mandato conferito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite di protezione internazionale dei rifugiati, e delle altre persone sotto la propria responsabilità» e «di assistenza ai Governi nella ricerca di soluzioni durevoli».
La lettera a Piantedosi. Durante l’iter di conversione del dl Cutro in Parlamento, l’Acnur aveva scritto al governo, cercando un dialogo rispettoso dell’attività legislativa in corso. «Avevamo rappresentato queste criticità, confidando che nel procedimento legislativo alcuni correttivi potessero essere apportati», spiega ad Avvenire Chiara Cardoletti, dal 2020 rappresentante dell’Acnur per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. E l’esecutivo ha risposto? «No», fanno sapere dall’organismo Onu, che tuttavia non è interessato a sollevare polemiche, ma solo – visto che il testo è diventato legge – a rendere noto il documento con le osservazioni, per informare la pubblica opinione.
Ieri, per correttezza istituzionale, l’Acnur ha inviato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una lettera per informarlo che oggi il documento sarà pubblicato. In esso, l’Acnur «ribadisce la disponibilità a collaborare con le autorità italiane» per «elaborare le migliori soluzioni normative od operative, a partire dalle raccomandazioni qui contenute».
I nodi critici. Nelle 9 pagine, affiora più volte il timore che alcune «criticità» della nuova normativa possano, nel corso della loro applicazione, finire per porsi in un possibile contrasto col quadro di leggi e trattati internazionali che tutelato i diritti umani e le persone rifugiate. Per esempio – pur concordando con l’istituzione di procedure di frontiera più efficienti – si raccomanda di introdurre «misure per la individuazione dei bisogni dei richiedenti asilo, dei minori e delle altre persone con esigenze particolari». E si ricorda come i «luoghi di trattenimento» debbano rispettare quanto prevede la Direttiva accoglienza: «Disponibilità di spazi aperti, possibilità di comunicare e ricevere visite (da personale Acnur, familiari, avvocati, consulenti legali e rappresentanti di ong) e il diritto di essere informati delle norme vigenti nel centro».
Il trattenimento andrebbe evitato ai richiedenti asilo e soprattutto a minori e persone sopravvissute a violenze e traumi. Inoltre, anche nel caso di domande di protezione internazionale «manifestamente infondate» (perché di persone provenienti da Paesi ritenuti “sicuri”) si chiede di vagliare prima se la persona invoca «gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro».
Serve «corridoio lavorativo». In apertura, il documento riconosce alcuni «sforzi compiuti dalle autorità italiane nell’individuare soluzioni per rispondere alla pressione migratoria». Fra questi, la «gestione efficace e trasparente del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale» o le «misure relative alla gestione dell’hotspot di Lampedusa», fra cui «l’attivazione di una postazione del 118 sull’isola e il rafforzamento dei trasferimenti dai punti di crisi».
C’è «apprezzamento» pure per la disposizione che introduce «una quota d’ingressi per lavoro per rifugiati e apolidi» nell’ambito del Decreto flussi, e «per la loro inclusione» negli ingressi “extra-quota” dopo la formazione professionale. L’Acnur «raccomanda che già dal prossimo Decreto flussi sia assegnata una specifica quota riservata» per favorire un «corridoio lavorativo» a beneficio di apolidi e ai rifugiati residenti in Paesi di primo asilo o di transito.
Il taglio dei servizi. Soprattutto l’Acnur esprime «profonda preoccupazione» per la norma che elimina servizi ai migranti come «supporto psicologico, informazione legale o corsi di lingua italiana». Così, ragiona Cardoletti, non si facilita «lo sviluppo di percorsi di autosufficienza e autonomia dei richiedenti asilo» e si rischia «una loro completa dipendenza dal sistema di accoglienza». Siccome l’esame della domanda di asilo può durare un anno solo in prima istanza), il richiedente resta a lungo in tali strutture, «senza accedere a servizi indispensabili».
Un inciso riguarda pure la stretta alla protezione speciale. «Le nuove disposizioni eliminano il riferimento alla vita privata e familiare», rammenta il documento in cui si auspicano procedure veloci per identificare gli apolidi e la necessità di garantire una protezione complementare a persone che, se rispedite nel proprio Paese «rischino una violazione dei propri diritti fondamentali».
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/legge-cutro-l-acnur-scrive-al-governo-criticita
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