Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». (Mt 24, 37-44 – I Avvento/A).
27 novembre 2022. Le cose brutte o definitive, nella vita personale e sociale, arrivano spesso d’improvviso. E’ il caso delle alluvioni, terremoti, disastri ecologici, pandemie, guerre, crisi socioeconomiche. Per quanto le scienze previsionali abbiano fatto passi da giganti per prevedere disastri naturali e sociali; molto è ancora imprevedibile. Anche il tempo di domani o dopodomani non è detto che corrisponda perfettamente alle previsioni del meteo di oggi! La lezione che offre Gesù, tuttavia, non è sull’imprevedibilità – per molti aspetti ovvia, vista la quantità di variabili che rientrano in un’analisi previsionale – ma è sul nostro atteggiamento rispetto ad essa.
“Tenetevi pronti”, dice Gesù. Facile a dirsi, difficile, molto difficile, a farsi. E, oggigiorno, credo, soprattutto perché siamo distratti: da lavoro, da relazioni, da impegni, dalla tecnologia, dai social, dalle telefonate, dal Whatsapp e via discorrendo. Spesso la nostra mente fa come la gazza: raccoglie tutto quello che luccica. Cosi ci riempiamo le giornata e la vita di tanto, di troppo. Tutto di valore? Dubito. Soluzione? Scelte drastiche per ridurre questa foga di “essere sempre sul pezzo”. Meno cellulare, meno TV, meno computer, meno social ecc. Meno. Solo lo stretto necessario per “essere nel mondo”, senza farsi assorbire da esso. E ognuno sa delle proprie dipendenze e attua le sue misure di contenimento. Se non facciamo ciò, l’attesa scompare o perde valore perché abbiamo già riempito molti spazi della nostra mente e del nostro cuore, come della nostra vita. Che senso ha, allora, attendere? Chi? E perché?
Una vita troppo piena, attende poco. Attende poco le cose belle e autentiche, le persone di valore e, in primis, il Signore. Si può porre rimedio a questo deficit di attesa? Ossia esistono cammini educativi per imparare ad attendere il Signore? Risponderei che essi sono non molto diversi da quelli di fede, in senso lato. Chi crede, ama e attende. Se non attende, qualcosa non va nella sua fede e nel suo amore per il Signore. Tutto qui? Sembra proprio di si: si può passare la vita mangiando e bevendo, prendendo moglie e marito, lavorando e divertendosi senza accorgersi di ciò che conta, di ciò che è vero, di ciò che dura. Si può anche far finta di credere nel Signore senza che questa discutibile fede ci smuova più di tanto, nei pensieri, nei sentimenti, come nella vita. Ancor peggio si può declassare la propria fede a ideologia (mi accontento di “credere” in qualche principio astratto che non intacca la mia vita quotidiana). Se stiamo in questa situazione saremo tra quelli che non entreranno nel suo Regno: “Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata”, dice Gesù.
Conserva ancora il suo profondo valore quanto ha scritto William Shakespeare nel suo “King Lear”: “Gli uomini debbono pazientare per uscire da questo mondo proprio come per entrarvi; tutto sta nell’essere pronti”. Come dire che vita e morte hanno bisogno di preparazione. E chi lo può negare? Ci vuole solo onestà e saggezza per ammetterlo, a prescindere dalla cultura e/o religione da cui proveniamo. Dobbiamo essere pronti. Non solo per entrare nel mondo o per uscirvi, ma anche per continuare a starci.
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari]