Chiunque pensi che questi valori siano sfidabili, sappia che, sulla scia dei suoi precursori, l’Europa non tradirà libertà e democrazia. Le stesse alleanze, si giustificano solo in base a – transeunti – convergenze di interessi e, dunque, per definizione, a geometria variabile, o riguardano anche valori?» chiede il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una allocuzione all’Università di Aix-Marseille.
Cita la crisi economica, il ruolo dell’Onu, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente e torna alle due guerre mondiali e alla «pace dei 70 anni» in Europa «che è bene non si interrompi» ma «che non è possibile, finché vengono violati i diritti umani». E poi l’attacco al protezionismo, tornando al periodo post crisi del ‘29 «che ha portato a regimi dispotici e che ora ritorna». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella interviene con la lectio magistralis in occasione della consegna dell’onorificenza accademica di Dottore honoris causa dall’Università di Aix-Marseille. Ma uno dei passaggi del presidente più forti è questo, quando richiama il ruolo dell’Europa.
Il ruolo dell’Unione Europea
E quindi spiega più nel dettaglio. «L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà? Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”. Bisogna scegliere: essere “protetti” oppure essere “protagonisti”?» chiede Mattrarella mentre si rivolge agli studenti presenti.
Tanti i temi trattati. «L’età moderna è stata caratterizzata dalla “Conquista”, di terre, ricchezze, risorse. Nei secoli, dall’abbandono progressivo di territori non più fertili, con le migrazioni verso nuovi lidi. In tempi relativamente recenti, con il mito, in America, della “Nuova frontiera”. Regole e strumenti ci sarebbero per affrontare questa fase e allora perché il sistema multilaterale sembra non riuscirci, con il rischio del ripetersi di quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi? Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle. Interessi di chi? Dei cittadini? Dei popoli del mondo? Non risulta che sia così. Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte. È il momento di agire: ricordando le lezioni della storia e avendo a mente il fatto che l’ordine internazionale non è statico. È un’entità dinamica, che deve sapersi adattare ai cambiamenti, senza cedimenti su principi, valori e diritti che i popoli hanno conquistato e affermato».
Le nuove frontiere di conquista e i nuovi feudatari
«Accanto ad una nuova articolazione multipolare dell’equilibrio mondiale, si riaffaccia, con forza, e in contraddizione con essa, il concetto di “sfere di influenza”, all’origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione ha combattuto. Tema cui si affianca quello di figure di neo-feudatari del Terzo millennio – novelli corsari a cui attribuire patenti – che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche» dice Mattarella. È a Musk, pur non citandolo, al quale il Presidente si riferisce.
La crisi economica e l’attacco al protezionismo
Poi un altro passaggio molto significativo è quello relativo alla questione dazi. Anche qui, pur non citandolo mai, è chiaro il riferimento al neo presidente Usa, Donald Trump. «La crisi economica mondiale del 1929 scosse le basi dell’economia globale e alimentò una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze. La libertà dei commerci è sempre stata un elemento di intesa e incontro. Molti Stati non colsero la necessità di affrontare quella crisi in maniera coesa, adagiandosi, invece, su visioni ottocentesche, concentrandosi sulla dimensione domestica, al più contando sulle risorse di popoli asserviti d’oltremare. Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto – anziché di cooperazione – pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura. Oggi assistiamo anche a fenomeni di protezionismo di ritorno. La Presidente della Commissione Europa, a Davos, pochi giorni fa, ricordava che, solo nel 2024, le barriere commerciali globali sono triplicate in valore» dice Mattarella. «Crisi economica, protezionismo, sfiducia tra gli attori mondiali, forzatura delle regole liberamente concordate, diedero un colpo definitivo alla Società delle Nazioni sorta dopo la Prima guerra mondiale, già compromessa dalla mancata adesione degli Stati Uniti che, con il Presidente Wilson, ne erano stati fra gli ispiratori – ricorda il Capo dello Stato – Si trattò, per gli Usa, del cedimento alla tentazione dell’isolazionismo. Ma il lavoro della Società non fu comunque vano se pensiamo che ad essa dobbiamo, ad esempio, il Trattato contro il commercio di schiavi e la schiavitù, e siamo nel 1926».
Serve un ordine internazionale
«Un ordine internazionale che, come tutti i contratti sociali e le strutture politiche, ribadisce la propria funzione, conferma la propria stabilità, se alimentato con impegno, sviluppando capacità di ascolto e adattamento, cooperazione rispetto ai fenomeni che si presentano». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto la lectio magistralis. «La storia, in particolare quella del XX secolo, ci ha insegnato che quest’ordine è un’entità dinamica, subordinata a equilibri che, ovviamente, non sono immuni dall’essere influenzati da tensioni politiche, cambiamenti economici. Spesso – ha aggiunto il Capo dello Stato – gli squilibri che affiorano hanno radici remote: negli strascichi lasciati dai conflitti del passato. Oppure corrispondono a pulsioni, ad ambizioni di attori che ritengono di poter giocare una partita in nuove e più favorevoli condizioni, con l’attenuarsi delle remore rappresentate dalle possibili reazioni della comunità internazionale e l’emergere di una crescente disillusione verso i meccanismi di cooperazione nella gestione delle crisi. Quegli strumenti nati per poter affrontare spinte inconsulte dirette a riaprire situazioni già regolate in precedenza sul terreno diplomatico».
Il ruolo dell’Università
L’università è il luogo più adatto «per interrogarsi sulla situazione delle relazioni internazionali e sullo stato in cui si trova l’ordine che i nostri Paesi hanno contribuito a definire» dice il presidente della Repubblica. E ancora: «I detrattori dell’Organizzazione dimenticano, tra l’altro, il suo ruolo cruciale nel processo di decolonizzazione, o nella costruzione di un impianto normativo per arginare l’escalation militare e favorire il disarmo».
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