La visione ideologica che attraversa il tempo e, fondandosi sul concetto di “Mare nostrum” proprio dell’antica Roma imperiale, porta al Ventennio fascista dello scorso secolo e all’oggi del Nazionalismo esasperato che emerge in Europa e in alcune società democratiche, è un fatto evidentemente facile da cogliere. Non tanto nelle dichiarazioni di donne e uomini politici che sanno di stanca retorica da propinare a quanti ancor oggi, senza nulla sapere di un passato triste perché segnato dalla dittatura, pensano che “allora si poteva dormire con le porte aperte” e che “l’Italia aveva conquistato un ruolo di potenza imperiale nel mondo”, quanto nelle asperità degli atteggiamenti e delle parole con cui gli esponenti dell’attuale maggioranza parlamentare e, soprattutto, della compagine di Governo affrontano il tema drammatico delle migrazioni.
Ne è un esempio eloquente il ministro dell’Interno. Sul suo dire sono state dette molte cose, sono stati rilevati appunti, sono state espresse parole di sconcerto. Il dire di Piantedosi ha diviso i cuori: ha inorridito, a motivo del contenuto duro, crudele delle sue parole, molti, forse ha soddisfatto molti.
Certamente ha raggiunto uno degli obiettivi ideologici dei governi populisti e nazionalisti: spaccare, dividere la società civile. L’ideologico “Prima noi”, “Prima gli “Italiani” viene insinuato nel sentire di molti, soprattutto di quanti, privi di lavoro e di concrete prospettive lavorative, sono coinvolti e, se necessario, utilizzati come cassa di risonanza al dire ideologico contro quella parte di umanità, sempre più vasta, che è costretta a farsi migrante.
A dire il vero, a sostegno di quanti sono privi di lavoro e temono un futuro segnato dal ritiro dello Stato non tanto o non solo dall’assistenzialismo quanto dalla cultura della solidarietà sociale ed economica, scendono in campo anche molti tra i privilegiati, tra i più abbienti della società. Uno strano connubio: i ricchi e i poveri. Solo che il lavoro sporco della protesta contro i migranti viene lasciato ai poveri, alla povera gente di lapirana memoria, bisognosa di non essere condotta sulle praterie dell’imbarbarimento dei cuori, ma, al contrario, sulle vie del progresso e dello sviluppo sociale, della cultura della solidarietà, dell’umanizzazione delle relazioni all’interno dello Stato e tra gli Stati e i popoli.
Utilizzare espressioni facciali dure quanto le parole ha come scopo indiretto quello di chiamare a raccolta il popolo dei disperati contro i migranti: perché il pericolo è grande e solo la fermezza di una visione politica finalmente condivisa da una larga maggioranza parlamentare può salvare il nostro Paese.
Così vien detto; così viene esplicitata una visione politica. Eppure sui corpi allineati sull’arenile ancora sferzato da onde impetuose, su quei corpi esangui di povera gente si è posato lo sguardo solidale di molti, uno sguardo carico di “pietas” umana e cristiana, mancata a chi non ha dato l’ordine di partenza a mezzi marittimi capaci di affrontare il mare in tempesta. La visione di una tragedia immane ha chiamato a raccolta molti giovani, l’intera città di Crotone, molte persone di buona volontà, convinte che sia ancora possibile “abbattere il muro frammezzo” che si tenta di costruire tra umanità e solidarietà. Si vuole una umanità dura, forse anche cattiva, certamente egoista, come egoista è ogni nazionalismo. E sappiamo bene, perché la storia lo ha insegnato, che ogni egoismo, ogni nazionalismo non porta a nulla di buono, solo a conflitti. L’ideologia del “Mare nostrum” si inserisce perfettamente nella logica dell’egoistico interesse di parte ed esclude ogni possibile apertura della mente e del cuore alla solidarietà.
Le indagini della Procura di Crotone daranno ragione di quanto è avvenuto in una notte buia e cupa che si apriva ad una domenica, che sarebbe divenuta giorno di tragedia da ricordare in futuro. Si, perché sarà opportuno ricordare che ogni atto politico, ogni scelta politica hanno valore educativo o diseducativo. Certamente quanto l’attuale Governo in carica esprime in merito alla questione migranti ha valore diseducativo, così come diseducative sono state le parole espresse dal Ministro dell’Interno e da alcuni esponenti politici di spicco di rilevo nazionale o regionale sulla tragedia di Crotone. Sarà mai possibile dire “Mare nostro …. pace nostra”?
Quale pace può mai esserci nei cuori se il mare, come sterminata prateria Africa segnata dalle bibliche migrazioni di gnu e zebre che lasciano un pesante tributo di morte ai carnivori in attesa dell’evento migratorio stagionale, è disseminato di cadaveri, di morti che sono neonati, bambini, giovani, donne e uomini?
Non si capisce che il desiderio, il bisogno insopprimibile di vita metterà sempre in moto il movimento migratorio che ha segnato e fatto la storia del mondo? Soprattutto in questo nostro tempo, in cui anche le migrazioni sono strumento di pressione politica tra gli Stati. L’ideologia del “mare nostrum” può avere valenza positiva solo se sul mare è capace di veleggiare, sfidando marosi violenti e politiche egoistiche, la cultura della solidarietà che sa farsi accoglienza.
Una cultura talmente forte da sfidare gli egoismi europei e internazionale e coinvolgere in un processo di solidarietà l’intero continente Europeo, l’intero consesso internazionale degli Stati. Certamente non tutti i migranti del mondo potranno essere accolti e integrati in Italia o in Europa, ma ciò che di “nostro” deve emergere nel Mare Mediterraneo è uno stile di vita che sappia dire che non è finita la solidarietà, che la cultura della solidarietà alberga ancora nel cuore di molti e che saprà offrire orizzonti di novità e rinnovamento anche alla Politica.
Le esigenze di questo tempo nuovo non possono essere affrontate e risolte con soluzioni politiche che sono naufragate nel secolo scorso in un conflitto mondiale irresponsabile quanto disumanamente distruttivo. Tutte le crisi che oggi provocano il fenomeno delle migrazioni, che tra tutte le crisi è uno dei più complessi e rilevanti, hanno bisogno di essere affrontate da visioni politiche nuove, fondate sul principio della fratellanza universale.
Ecco, il mare è “nostrum” perché è di tutti, perché siamo fratelli tutti e sul mare vige solo una legge: quella della solidarietà e del soccorso da donare e offrire a chi è in pericolo di vita.