Il dibattito di questi giorni è indicativo della attuale tendenza culturale che, soprattutto negli ultimi tempi, rischia di travolgere la progettualità per la risoluzione di problematiche concrete che da tempo ci affliggono. Una condizione che inevitabilmente si ribalta sul piano della politica che, come è noto, attraversa un periodo particolarmente significativo poiché unitamente alla attuazione delle aspettative che dovrebbero condurre al rilancio del Paese, obiettivo per il quale vi è la dichiarata disponibilità delle forze di maggioranza e di opposizione e, soprattutto, di risorse finanziarie straordinarie, deve far fronte a contrapposte istanze della società civile. In primo luogo, quelle relative alla sospensione oppure continuazione, anche con l’invio di armamenti, del sostegno del popolo ucraino nella sanguinosa guerra con la Russia.
Il pericolo maggiore è rappresentato dall’opinionismo, che non riguarda l’effettiva valutazione dei fatti, bensì la loro negazione; una attitudine che determina un sempre più accentuato distacco dalla realtà. L’opinione diventa essa stessa realtà e si surroga alla vita reale fino a pretendere che quest’ultima vi si adegui. La spinta di forze non sempre spontanee e raramente espressive di interessi generalizzati, incide sensibilmente sulle scelte politiche, nel mentre le istanze delle persone comuni, volte ad abbattere le barriere dell’indifferenza e delle disfunzioni in settori vitali, come la sanità e la giustizia, sono trascurate. È evidente che sempre più l’opinionismo tende a superare anche i principi e valori costituzionali.
Le opinioni vengono espresse su altre opinioni senza tenere in alcun conto i fatti comprovati semmai attraverso testimonianze, anche filmate, raccolte da eroici operatori e giornalisti, come nel caso delle fosse comuni scoperte a Irpin e Bucha e, notizie di questi giorni la decisione della Corte Penale Internazionale di incriminare il Presidente russo per il deplorevole delitto di deportazione di bambini. Appare a dir poco contraddittoria la posizione di chi, allo stesso tempo, sostiene la pace e il disarmo dello Stato aggredito, ben sapendo che ciò determinerebbe solamente l’annientamento di quest’ultimo e una concreta minaccia per la intera umanità.
La politica è una scienza empirica che deve studiare e risolvere le problematiche sociali misurandosi costantemente con la coscienza comune. Il punto non è mettere in discussione, neanche implicitamente, la libertà di esprimere opinioni. Un diritto sacrosanto, inviolabile e irrinunciabile, bensì contrastare la manipolazione o, peggio ancora, l’obliterazione della verità che deve restare al centro degli interessi e obiettivi dello Stato costituzionale il quale è tenuto alla sua continua ricerca, essendo la verità indissolubilmente legata alla tutela delle libertà fondamentali. È su questi presupposti che può parlarsi di un vero e proprio diritto del cittadino alla verità e quindi del correlato benché contrapposto, divieto di menzogna che, come evidenziato in tempi certo non recenti da Emmanuel Kant, rappresenta una violazione della «dignità dell’uomo nella sua persona».
Per altri versi, quelli più propriamente legati alla ricerca del consenso, è bene che i politici considerino il dato incontrovertibile che il circolo di vita di una notizia falsa è molto più breve rispetto a quello di una notizia vera. È tempo, quindi, che gli stessi superino la perenne mediazione nelle scelte da compiere e, sia pure nel rispetto dell’avversario, sostengano fino in fondo le proprie idee convenendo, tuttavia, nella individuazione dei nemici comuni tra i quali, forse il più insidioso, è la disinformazione.
Il politico del futuro, nelle società democratiche, deve combattere la distorsione della verità che manipolando l’opinione pubblica genera, per dirla con Karl Marx, una «falsa coscienza», e garantire la verità dei fatti sulla cui base potranno essere assunte le decisioni ed i provvedimenti più in linea con le effettive esigenze delle persone e della società.
https://www.corriere.it/opinioni/23_marzo_23/opinionismo-diritto-verita-02bfdf06-c990-11ed-9401-3e478e5d4ed3.shtml
Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.