L’Occidente deve pensare in modo nuovo, di Luciano Violante

L’occupazione militare da parte di uno Stato di territori appartenenti ad altre popolazioni costituisce oggi il carattere dominante della geopolitica. Il diritto è uscito di scena e la forza ha preso il sopravvento. Carl Schmitt ci ha spiegato che l’occupazione della terra produce fatti politici perché le forme del dominio diventano pubblicamente visibili. È quello che sta accadendo in Ucraina, a Gaza, nella Transnistria e nelle relazioni sempre più difficili tra Cina a Taiwan. Ed è quello che potrebbe avvenire tra Ungheria e Ucraina perché nei giorni scorsi Viktor Orbán ha rivendicato l’annessione all’Ungheria della Transcarpazia, una regione dell’Ucraina dove vivono un milione e duecentomila persone, 157 mila di origini ungheresi. È una rivendicazione che potrebbe cementare il comune interesse di Putin ed Orbán alla revisione dei confini dell’Europa centro-orientale.
D’altra parte la Nato e l’Ue, che si sono sentite minacciate dall’intervento di Putin, non hanno proposto una nuova dottrina delle relazioni internazionali; hanno risposto con una moneta analoga, allargando o promettendo di allargare i propri confini. Emarginata la diplomazia, irrise le regole del diritto, è rimasta la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Le controversie potrebbero moltiplicarsi, seppure per altre ragioni.
Nel 2050, ad esempio la popolazione del mondo sorpasserà i 9 miliardi di abitanti che avranno bisogno di acqua e di cibo; ci sono, dati Fao, circa 2.600 milioni di ettari utilizzabili per l’agricoltura, non ancora utilizzati. Una qualche potenza in grado di farlo, prima o dopo cercherà di occuparli, rivendicandone il possesso, se necessario, anche per via militare.  Problemi analoghi si potranno porre per lo spazio. Da oggi sino al 2032 partiranno 13 missioni, per la utilizzazione di risorse spaziali. Secondo un rapporto firmato quest’anno dal World Economic Forum e da McKinsey, l’economia spaziale, che oggi si assesta intorno ai 630 miliardi di dollari, dovrebbe raggiungere 1,8 trilioni di dollari entro i prossimi dodici anni. Nel passato si riteneva che lo spazio fosse un bene comune dell’umanità; ma oggi le tensioni politiche, economiche e militari che si sviluppano sulla Terra e l’entità delle ricchezze acquisibili hanno aperto la strada a un libero diritto di appropriazione.
In assenza di regole condivise come regoleranno i rapporti reciproci le diverse potenze spaziali? Occorre uno sforzo culturale capace di reinquadrare il mondo, un pensiero superiore, che vada oltre le contingenze e proponga un futuro diverso. I passaggi più significativi per la storia moderna dell’Occidente, tra il Settecento e l’Ottocento, furono accompagnati da grandi libri scritti da grandi personalità che aiutarono a capire le tensioni e le passioni del tempo. Trasmettevano pensieri superiori, capaci di guardare al futuro: il Discorso sulla ineguaglianza (1755) di Rousseau, la Fenomenologia dello spirito, di Hegel (1807), I Principi di economia politica di Ricardo (1817), La democrazia in America di Tocqueville (1840) , il primo volume de Il Capitale di Marx (1867), i Tre saggi sulla sessualità di Freud (1905), l’Epistolario di Lukacs (1902-1917), con lettere di Bloch, Buber, Jaspers, Weber. Questi libri e queste personalità ci mancano.
La politica occidentale si suiciderebbe se continuasse a pensare, per forza di inerzia, con i vecchi modelli del razionalismo illuministico. È giusto decidere di aiutare il più possibile l’Ucraina ed è giusto condannare la distruzione di ospedali a Gaza da parte dell’esercito di Netanyahu. Ma poi? Le visite di Orbán a Putin, a Xi Jinping e a Trump, i nuovi rapporti tra Putin e Kim Jong-un, le esercitazioni di militari cinesi in Bielorussia, a 30 chilometri da Kiev, il partenariato strategico tra India e Cina e l’egemonia cinorussa sui Paesi Brics, che hanno un Pil ormai superiore ai Paesi del G7, sono solo esibizioni diplomatiche o stanno ponendo le premesse di un nuovo ordine mondiale antioccidentale? Senza un pensiero superiore che si alzi dalle contingenze e proponga un nuovo futuro, l’Occidente rischia di finire nelle grandi mostre di antiquariato, alle cui inaugurazioni saranno certamente presenti Putin, Xi, Modi e Kim Jong-un.

corriere.it/opinioni/24_luglio_17/l-occidente-deve-pensare-in-modo-nuovo-a135655f-6ada-4da8-a1d5-702d731daxlk.shtml?refresh_ce

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