L’invito di Papa Francesco: «È necessario parlare nuovamente del cuore», di Carlo Marroni

«Vedendo come si susseguono nuove guerre, con la complicità, la tolleranza o l’indifferenza di altri Paesi, o con mere lotte di potere intorno a interessi di parte, viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore», scrive Francesco nel Dilexit nos (Ci ha amati), la sua quarta enciclica, contando anche la Lumen fidei a quattro mani con Benedetto XVI. «In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte», aggiunge il Papa nel documento reso noto a due giorni dalla conclusione del Sinodo in Vaticano: «Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Nella società di oggi, l’essere umano “rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso”». L’enciclica, nella volontà di Francesco, si presenta a credenti e anche a chi non lo è come un modello interpretativo del cristianesimo di fonte alla realtà dei nostri tempi.
«Figli come siamo del razionalismo greco, dell’idealismo postcristiano, del materialismo, e oggi nella cultura liquida dell’individualismo, facciamo fatica a comprendere fino in fondo che il cristianesimo non è riducibile a una teoria, a una filosofia, a un insieme di norme morali e nemmeno a una sequenza di emozioni sentimentalistiche. È, invece, l’incontro con una Persona viva» scrive Andrea Tornielli, direttore editoriale della Santa Sede, sulla prima pagina dell’Osservatore Romano. Il senso di smarrimento che rischia l’essere umano è il tema che ricorre nelle quaranta pagine del documento, presentato da Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. «La Dilexit nos nasce dall’esperienza spirituale di Papa Francesco, che avverte il dramma delle enormi sofferenze prodotte dalle guerre e dalle tante violenze in corso e vuol farsi vicino a chi soffre proponendo il messaggio dell’amore divino che viene a salvarci. L’Enciclica proprio così offre la chiave di lettura dell’intero magistero di questo Papa» dice Forte che aggiunge: «Lungi dall’essere un magistero “schiacciato” sul sociale, come a volte è stato maldestramente inteso, il messaggio che questo Papa ha dato e dà alla Chiesa e all’intera famiglia umana nasce da un’unica sorgente, presentata qui nella maniera più esplicita: Cristo Signore e il Suo amore per tutta l’umanità».
Le sofferenze del mondo sono presenti e in particolare il Papa ricorda quelle delle donne anziane – e questo riconduce alla sua esperienza personale con la nonna in Argentina, figura centrale della sua vita– «che sono prigioniere di questi conflitti devastanti. È straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Esse, che tante volte sono state modelli di forza e resistenza nel corso di vite difficili e sacrificate, ora che arrivano all’ultima tappa della loro esistenza non ricevono una meritata pace, ma angoscia, paura e indignazione. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso. Veder piangere le nonne senza che questo risulti intollerabile è segno di un mondo senza cuore».
Un documento quindi diverso dagli altri – concentrati su ecologia e fratellanza, temi che tengono insieme tutta la sua pastorale sociale – che affonda anche nell’esperienza di gesuita e alla devozione al Sacro Cuore dei seguaci di Sant’Ignazio di Loyola che «pone a base degli Esercizi spirituali l’affectus, che sta all’origine del nuovo ordinamento da dare alla vita a partire dal cuore». Il concetto di “devozione” è continuamente ripetuto e messo al centro come parte integrante della fede dei cattolici, e su questo Bergoglio è netto anche su come questa fede viene manifestata, pensando anche ai suoi luoghi di origine: «Chiedo che nessuno si faccia beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo. E invito ciascuno a chiedersi se non ci sia più razionalità, più verità e più saggezza in certe manifestazioni di questo amore che cerca di consolare il Signore che non nei freddi, distanti, calcolati e minimi atti d’amore di cui siamo capaci noi che pretendiamo di possedere una fede più riflessiva, coltivata e matura». Poi un capitolo su un tema di grande attualità, su cui la Santa Sede ha messo grande attenzione: «Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta».

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