Una chiave di lettura. L’elezione di Donald Trump ha modificato il quadro del capitalismo finanziario globale. In Europa infatti si è accelerato, o forse ha preso corpo per la prima volta, il piano di creazione di colossi in grado di “trattenere” nel Vecchio Continente la grande massa del risparmio gestito, che costituisce la vera fonte della liquidità e il vero elemento di successo per le scommesse su quel che resta dei mercati finanziari.
Non a caso Amundi, che ha come principale azionista Credit Agricole con il 69%, sta trattando una “fusione” con Allianz Global Investors, di proprietà di Allianz. Per realizzare un colosso in grado di disporre di 2.500 miliardi di euro di risparmio gestito. Nel frattempo, Banca Generali ha avviato relazioni con Natixis, controllata dal gruppo delle casse di risparmio francesi. Per dar vita a un altro gruppo con 2.000 miliardi di euro di asset.
L’Europa cerca di fare nascere colossi finanziari sul modello americano
La sensazione è che la finanza europea stia cercando di approfittare dell’indebolimento delle Big Three, dimostrato tra l’altro dalla chiara predilezione di Trump per le criptovalute, per costruire un monopolio del risparmio in mano a due tre soggetti. Magari per poi ridurli a uno solo. Come si evince dal tentativo di fusione tra Unicredit e Commerzbank, con una disponibilità di attivi non lontana da quella di BlackRock e Vanguard.
Una simile condizione consentirebbe al colosso europeo di riversare la propria liquidità su pochi titoli e farne la fortuna, soprattutto quella dei loro azionisti. A prescindere dalle condizioni reali di tali titoli, secondo il modello ora seguito proprio dalle Big Three. In pratica, l’idea è quella di creare un soggetto che sappia far avverare le scommesse che pone in essere, cancellando le valutazioni reali del mercato.
Colossi che approfittano della sofferenza economica degli Stati
Certo una simile partita è condizionata dalla forza delle Big Three, che dispongono di quasi 20mila miliardi di dollari di attivi. Una soglia assai difficile da raggiungere per gli europei. E soprattutto che paiono intenzionate a entrare nella stessa partita di costruzione dei colossi europei in forza delle loro partecipazioni. Solo per citare BlackRock, occorre ricordare che è il primo azionista di Allianz. E ha quote decisive in Commerzbank, in Unicredit e in gran parte delle società europee.
In tal senso, forse, proprio una maggiore presenza europea potrebbe essere la condizione per le Big Three per ridurre la pressione della politica di Trump. È significativo notare che tutto ciò sta avvenendo quando i principali governi europei sono fragilissimi, Francia e Germania in primis. Alle prese con leggi di bilancio difficili a cui la Banca centrale europea di Christine Lagarde e la Commissione europea di Ursula von der Leyen hanno deciso, scientemente, di non dare alcun sostegno. Per aumentare a dismisura il numero di cittadini e cittadine che dovranno fare ricorso al risparmio gestito per le loro esigenze di base.
L’amore di Trump per le criptovalute spinge l’Europa all’austerità
Comunque vada, una vittoria il capitalismo finanziario l’ha già conseguita ed è quella della morte della politica. A cui si aggiunge quella del lavoro e della produzione, come dimostrano i medesimi attori sopra ricordati. Trump ha deciso, infatti, che gli Stati Uniti devono essere la terra d’adozione delle criptovalute. Puntando, in primis, ad “americanizzare” i bitcoin. E aprendo così una strada finanziaria nuova, difficile da valutare in termini strettamente monetari ma certamente del tutto diversa dalla linea di Biden.
Dopo aver messo nel suo governo grandi fautori delle cripto, come Scott Bessent e Howard Lutnick, il neo presidente ha nominato alla guida della Sec, l’autorità di controllo delle Borse americane, Paul Atkins, Ceo di Patomak Global Partners LLC. Una società che si occupa di criptovalute. Si tratta dunque di una posizione ben differente da quella del predecessore Gary Gensler, acerrimo nemico delle crypto. Una mossa destinata a spostare in direzione delle crypto una parte significativa della liquidità ora ancorata alle big tech. E dunque, forse, a stabilire un nuovo equilibrio del potere finanziario secondo quanto sopra accennato.
Nel frattempo, l’ineffabile Lagarde si accorge che il mondo è pieno di conflitti e quindi può ripartire l’inflazione. Pertanto bisogna essere molto cauti nella riduzione dei tassi. In sintesi, negli Stati Uniti sembra aprirsi la grande scommessa delle criptovalute. E in Europa si continua a coltivare l’austerità più trita, funzionale a una nuova, grande finanziarizzazione. La produzione e il lavoro paiono scomparire dagli orizzonti economici.
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