Le ragioni e il metodo della democrazia nel confronto con le autocrazie, di Mauro Magatti

Negli anni della globalizzazione l’Occidente ha esportato diversi elementi del proprio modello di sviluppo: la scienza, la tecnologia, l’economia basata sul circuito produzione-consumo. L’ipotesi era che tutto ciò avrebbe portato all’adozione della democrazia come modello politico di riferimento. Cosa che, però, non è avvenuta.
Così, oggi, ci troviamo in un mondo in cui si delinea un nuovo confronto tra democrazie e autocrazie. Modelli diversi che perseguono una politica di potenza che non tocca più solo gli scambi commerciali e la disponibilità di energia e materie prime, ma anche il dominio dello spazio, l’intelligenza artificiale e la stessa vita umana. Una nuova fase storica che può volgere verso il meglio o verso il peggio i destini dell’umanità.
Si deve purtroppo constatare che, da una parte e dall’altra, sono molti quelli che adottano uno schema di pensiero rigido: cristallizzando la contrapposizione, rischia di provocare grandi disastri.
Per evitare di finire nel circolo vizioso della guerra – il conflitto, per dimensioni e portata, non potrebbe che avere effetti devastanti su scala planetaria – occorre pensare e agire diversamente. E per noi occidentali la sfida è dimostrare che le ragioni e il metodo della democrazia (dialogo, liberta, rispetto, diversità) possono costruire una bussola per orientare anche i rapporti nel contesto globale.
Per molte aree del mondo, a partire dalla Cina, dalla Russia e dall’India, la possibilità che si affermino modelli democratici simili a quelli occidentali è e sarà irrealistica ancora per molto tempo. La democrazia è figlia di una matrice culturale ben precisa, formatasi nel corso di secoli, e che per questo motivo non può essere facilmente esportata. E tanto meno imposta. Alcuni aspetti formali possono anche essere adottati. Ad esempio le elezioni, che si tengono anche in molti Paesi non democratici. Ma la costruzione di un equilibrio tra i diversi poteri e il rispetto per la libertà personale sono dimensioni ben più difficili da adottare. Che scavano in profondità nella concezione del mondo e dell’uomo.
Se così stanno le cose, inutile immaginare una convergenza delle forme istituzionali. Se si vuole essere realisti, occorre sapere che le democrazie si troveranno a convivere con modelli politici autocratici ancora per molti anni
In questa situazione, il problema è lavorare per costruire uno spazio istituzionale di convivenza nella diversità. Che non neghi le ragioni della competizione tra visioni del mondo diverse, ma la contenga nella cornice di un bene comune globale.
Nel 1948 l’Onu approvò la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Si tratta di un documento fondamentale. Ma che, dopo 75 anni, in un mondo completamente diverso, va aggiornato e declinato rispetto alle nuove sfide. Come allora, l’obiettivo deve essere quello di concordare su alcuni standard minimi ma vincolanti di comune umanità riconosciuti da tutti coloro che vogliono essere parte della ecumene globale. Un passaggio essenziale per creare condizioni di compatibilità delle tante diversità che popolano il mondo.
Ugualmente importante è rimettere mano alla cornice economica e finanziaria che ha preso forma nel periodo successivo alla caduta del muro di Berlino, nel momento della globalizzazione trionfante. Un assetto che mostra crepe evidenti: la guerra dei dazi, le tensioni sull’energia, gli enormi debiti pubblici, la concentrazione della ricchezza. Tanto più che ci sono questioni comuni – a cominciare dalla transizione ecologica con tutte le sue implicazioni sulla povertà e le migrazioni – che richiedono risorse dedicate. Se il confronto deve essere economico e tecnologico, allora è necessario fissare i criteri di una competizione leale.
In questi passaggi, le democrazie hanno bisogno di risolvere i propri problemi interni, contrastando le disuguaglianze, il declino della partecipazione e le spinte tecno-nichiliste più radicali che le attraversano. Il confronto con altri modelli esige la capacità di realizzare una transizione equilibrata verso la sostenibilità e la digitalizzazione: per qualificarsi come interlocutore affidabile e autorevole, le democrazie devono mantenersi in buona salute. E non è poco.
Il confronto tra democrazie e autocrazie segnerà il tempo che viene. Ma invece di incanalarlo sul binario della guerra, si deve fare lo sforzo di instradarlo nella direzione del confronto costruttivo tra modelli diversi. Capaci di rispettarsi e di convivere.

avvenire.it/opinioni/pagine/ragioni-e-metodo-della-democrazia

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