Il Vangelo odierno: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 35-45 – XXIX TO B).
“Ammazza che coraggio!”, direbbero alcuni romani a Giacomo e Giovanni. I figli di Zebedeo osano chiedere posti in prima fila, nella gloria del Cielo, alla destra e alla sinistra di Gesù. Ma non scandalizziamoci più di tanto: forse l’avremmo fatto anche noi! Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù più potere, addirittura nell’aldilà. Vi sembra poco? Per la questione “potere” gli altri si indignano con i due. E parliamo degli apostoli! Figuriamoci per i comuni mortali. Il brano fa pensare a una sorta di desiderio diffuso che emerge un po’ in tutti, nessuno escluso. Perché è cosi: tutti abbiamo quote di potere (famiglia, relazioni, società, lavoro, politica, comunità di fede religiosa ecc.) e ne vorremmo di più. E “daje!”. Si direbbe sempre a Roma!
Del potere negativo, dell’aspirazione malsana ad esso, della voglia di conservarlo a ogni costo, si è scritto e si scrive tanto. A me piace sempre ricordare lo psicologo Kets De Vries che ha scritto che “il potere è un grande narcotico: da vita, nutre, ci rende schiavi”. Ne conosco tanti di “narcotizzati” di potere: nelle istituzioni, nella politica, nella Chiesa cattolica, nella PA e nelle NGO, nelle associazioni e nei piccoli gruppi. Ovunque. E chiunque si potrebbe ammalare, fino a livelli alti di narcotizzazione: saggezza vuole che la verifica e il discernimento inizi da se stesso, per non trascurare le travi che abbiamo nei nostri occhi.
Nella risposta di Gesù è contenuto qualche fondamentale consiglio per non farsi narcotizzare dal potere. Gesù non nega a Giacomo e Giovanni il potere richiestogli. Tuttavia gli pone una strada difficile: bere il calice che lui sta per bere, ossia la passione e morte. Inoltre gli ricorda che il sommo potere appartiene al Padre, né a Lui, Suo Figlio, né tantomeno ai capi di questo mondo. Ed è il Padre che poi decide chi di là deve avere più potere e chi meno.
Gesù marca la differenza tra il modo di vivere il potere nel mondo e quello nella Chiesa. Il Vangelo di Marco dice “tra voi però non è cosi”, quello di Luca: “voi però non fate così” (Lc 22, 26). Lasciamo agli esegeti chiarirci i problemi di versione differente. Credo che a noi faccia bene riflettere sul fatto che da una parte Gesù dica che il potere vissuto da chi crede in Lui non è simile alle altre forme; dall’altra ricorda che non possiamo assolutamente fare come gli altri, quelli che non credono, nell’esercitare il potere.
Sono anni in cui assistiamo a uno scadere delle prassi di potere, che forse non ha eguali nella storia del nostro Paese (e altrove). Parole sacrosante come “popolo, poveri, migranti, democrazia, giustizia, accoglienza, solidarietà” e cosi via vengono usate solamente per spadroneggiare e ingannare. Chi ci salverà da questa deriva?
E’ importante riprendere a formarci alla politica, riprendere a partecipare, imparare a valutare chi ci governa, operare un continuo discernimento, quando votiamo e quando partecipiamo. Altrimenti altro che primi posti in Cielo, precipiteremo all’inferno in tantissimi.
A proposito c’è una pagina cosi arguta e pungente, da rileggere spesso, specie per chi ha potere. «Giulio II : “Cos’è quest’intoppo? La porta non si apre? La serratura, suppongo, è stata o cambiata o certo guastata”». Inizia così un libretto sagace e ricco di humour: Erasmo da Rotterdam, circa 484 anni fa, dopo la morte di papa Giulio II, immagina il dialogo del papa con san Pietro; trama: il Custode del Cielo rifiuta l’ingresso al papa; motivo: non ne è degno. San Pietro ricorda che sono le opere buone e giuste il lasciapassare, Giulio II pensa di «meritare riconoscenza» per come ha guidato la Chiesa, san Pietro gli ricorda che non si è mai voluto «privare del denaro, spogliarsi del comando, togliere la possibilità di prestiti, negare i piaceri» e quindi niente Paradiso, Giulio è escluso dal Cielo (così il titolo del libretto: Iulius exclusus e coelis, testo latino a fronte, Palomar). Pericoloso il potere, per tutti, ecclesiastici e non. Dio ci ripaga in Cielo (e, spesso, anche in terra) per tutti i peccati alla Giulio II: «Non mi meraviglio in verità – sono le ultime parole di san Pietro – se arrivano quassù in numero così esiguo, dal momento che ai posti di comando della Chiesa siedono simili sciagurati; peraltro…» ecc. ecc.
Rocco D’Ambrosio
[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]