La sfida che Sergio Mattarella ha proposto alla politica, nel suo discorso che apre il nuovo anno, richiede coraggio. Si tratta di abbandonare la rendita di facili ideologismi di maniera e di affrontare la realtà dei problemi con idee, proposte, onestà intellettuale, anche con la dialettica propria delle democrazie, ma senza il polverone di inutili conflitti. In una parola, dice il presidente, con rispetto. Che è la condizione per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà. Non è un appello ad annullare le differenze, ma a stemperare, quello sì, la componente emotiva, spesso figlia della demagogia, per preferirle un approccio non aridamente tecnico, ma coscientemente pragmatico.
È l’Agenda Mattarella, che punta a liberare il nostro Paese dalla bolla ideologica che rischia di soffocarlo. Il patriottismo allora non è una sciabola con la quale menare fendenti, né, tantomeno, una parola vuota da liquidare con sufficienza. Vive invece nell’impegno quotidiano di tanti. Non è difficile ricordare quanti sghignazzavano, considerandolo ingenuo, quando Carlo Azeglio Ciampi fece dell’unità, dell’Inno e del Tricolore una bandiera da difendere e della quale andare orgogliosi. Cambiò la percezione degli italiani. Ma è anche vero che, da allora, sono stati fatti passi indietro.
Pragmatismo e umanità, quindi. Ci sono bambini che a Gaza muoiono per il freddo. Ostaggi innocenti patiscono la ferocia di Hamas. Buio e gelo in Ucraina per le bombe di Putin, nella notte di Natale. La pace non ha alternative ma non può essere serva di chi vuole sottomettere altri Paesi con le armi. Da noi, scienza, ricerca e tecnologia sconfiggono le malattie e allontanano la morte, ma ci sono lunghe liste d’attesa che costringono chi non ha i soldi a rinunciare alle cure. L’occupazione cresce, ma i salari sono bassi, si accompagnano alla precarietà e spingono alle fughe all’estero, spesso dei giovani migliori. Le morti sul lavoro sembrano inarrestabili.
Avanzano l’export e il turismo, il Giubileo ripropone al Pianeta l’Italia come crocevia della concordia. Il Sud paga la disuguaglianza con il Nord. La necessità dell’integrazione bussa alle nostre porte. Il clima cambia, e le alluvioni, ormai frequenti, richiedono prevenzione. Bullismo, risse, uso delle armi, alcol e droghe travagliano la quotidianità dei più giovani. L’invecchiamento della popolazione e la crisi delle nascite appaiono irreversibili. Carceri sovraffollate rendono inaccettabili le condizioni dei detenuti e dei lavoratori penitenziari.
Sempre più ragazze e ragazzi chiedono di fermare lo scandalo dei femminicidi. La sicurezza rimane un’esigenza di tutti, le truffe agli anziani sono una vergogna contro quella parte di cittadini che tanto contribuiscono, economicamente e non solo, alla crescita e alla protezione di figli e nipoti. Queste che il presidente della Repubblica indica sono le potenzialità e le malattie di una società comunque in crescita, che mantiene il suo ruolo importante in Europa e nel mondo.
Sembrano sfide senz’altro impegnative, ma relativamente affrontabili da un Paese che ha le risorse economiche, culturali e sociali del nostro. La domanda che resta aperta è se sia possibile risolvere questi problemi, quelli di una realtà oggettiva, senza rinunciare a una competizione legittima, alla differenza delle idee, alla lotta per affermare, anche nelle urne, progettualità diverse, e perché no, anche in contrasto. È questo l’interrogativo che richiede coraggio, seguendo l’insegnamento di Alcide De Gasperi, secondo il quale un politico pensa alle elezioni, ma uno statista pensa alle prossime generazioni. E non riguarda solo la politica, ma anche la società e l’impresa, se valgono ancora le parole di Luigi Einaudi: «Milioni di individui lavorano, producono e risparmiano, nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno».
Mattarella ci ha ricordato che quest’anno celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione. Festeggiarli senza distinguo polemici, senza insulti alla gloriosa brigata ebraica e senza bandiere bruciate sarebbe un buon segnale.
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