La rinnovata intesa (dal contenuto segreto) tra la Santa Sede e Pechino ha attirato diverse critiche, soprattutto dal mondo cattolico più conservatore. Secondo Francesco Sisci, bisogna mantenere la visione d’insieme e ricordare che quello che conta è la tutela dei dodici milioni di fedeli presenti in Cina
Come già riportato da Formiche.net, la Santa Sede ha rinnovato l’accordo con Pechino sulla nomina dei vescovi nella Repubblica Popolare, attirando una serie di critiche. In particolare su quella che viene vista come una politica di eccessiva acquiescenza rispetto alla pervasiva presenza del regime nella vita cinese. Soprattutto ora che Xi Jinping è stato riconfermato per un terzo mandato presidenziale, evidenziando il sempre più stretto controllo sul partito. L’accordo si inserisce sullo sfondo della campagna del Presidente per “sinizzare” le cinque religioni approvate in Cina: Buddismo, Taoismo, Islam, Protestantesimo e Cattolicesimo.
Già durante scorso anno Xi aveva affermato la necessità di “sviluppare le teorie religiose socialiste con caratteristiche cinesi” e “persistere nell’unire le masse di credenti attorno al Partito e al governo”. Si stima che i fedeli cattolici presenti nella Repubblica Popolare siano circa dodici milioni, divisi tra quelli iscritti all’Associazione Patriottica Cattolica e quelli della cosiddetta comunità clandestina, che rifiuta il controllo governativo.
“La Parte vaticana si impegna a continuare un dialogo rispettoso e costruttivo con la Parte cinese per una produttiva attuazione dell’Accordo e un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali, al fine di promuovere la missione della Chiesa Cattolica e il bene del popolo cinese” così si legge sul comunicato stampa diffuso dal Vaticano.
I contenuti dell’accordo sono segreti, ma secondo il Wall Street Journal, permetterebbe al governo cinese di scegliere le persone che diventeranno vescovi cattolici, dando però al Papa un potere di veto.
Intervistato sul tema da Formiche.net, il sinologo Francesco Sisci ha dichiarato: “Il punto è che nessun paese ha rotto le relazioni diplomatiche con la Cina. Persino con Putin si mantiene un dialogo. Nonostante la guerra, nonostante gli errori, è evidente che si debbano mantenere dei canali aperti. La Chiesa non ha relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare, ma ha dei canali di colloquio. Quindi ha meno di quanto abbiano gli Stati Uniti, o l’Italia, o altri Paesi. Perché questo sia considerato grave, mi sembra più che altro una questione di alcuni gruppi di interesse culturali che sono critici del pontificato di Papa Francesco e lo attaccano indirettamente. Penso, però, che in questo modo perdano la comprensione profonda di ciò che sta avvenendo”.
Mentre sulla questione degli obiettivi di questo accordo ha proseguito: “La Chiesa sta cercando di salvaguardare la vita dei cattolici in Cina. Senza questa salvaguardia la vita dei cattolici sarebbe certamente peggiore. Sta cercando di unire i cattolici presenti nel Paese, per decenni divisi in chiesa clandestina e chiesa ufficiale; e sta tentando mantenere aperto un dialogo culturale e religioso con un governo con cui è certamente difficile fare i conti. Ma tutti ci fanno i conti e quindi è giusto che lo faccia anche la Santa Sede, sarebbe bizzarro se non avesse alcun tipo di rapporto”.
Di Matteo Turato – Fonte: https://formiche.net/2022/10/cina-vaticano-sisci/