Nel 1999 la NATO, governo italiano compreso, violando il “tabù” della guerra sul suolo europeo, bombardò la Serbia. Ovviamente, si trattava di un intervento giustificato da autoproclamati nobili fini umanitari; morti e distruzione di città e strutture non erano altro che semplici – e inevitabili – “danni collaterali”.
Il 24 febbraio 2022 è iniziata l’offensiva delle forze armate russe nel territorio ucraino. La guerra è così tornata per la seconda volta in meno di un quarto di secolo nel nostro continente, anche se molti provano a dire che la Russia non ne faccia parte e che si possa/debba fare a meno anche del suo stesso patrimonio storico-culturale, senza il quale il nostro mondo sarebbe molto più povero. Nel 1927 Julien Benda criticò il “tradimento dei chierici”, ovvero di quegli intellettuali che, avendo scelto di schierarsi con i poteri forti, non avevano contrastato i venti di guerra e avevano tradito ragione, verità e giustizia. Conseguentemente, chiese loro di ritrovare autonomia e dignità.
Come nel 1927, la maggior parte degli intellettuali ha oggi rinunciato a comprendere le cause profonde del conflitto, scegliendo, semplicemente, di “scendere in campo”, di schierarsi, ovviamente in nome di quei valori “occidentali”, per i quali appena qualche anno fa si era addirittura proclamata la fine della storia.
Nessuna riflessione sulla guerra dimenticata nel Donbass – che ha provocato oltre 14.000 morti –, come se la storia fosse iniziata il 24 febbraio. Un quadro desolante, con poche eccezioni; fra queste, papa Bergoglio: «Cos’ha scatenato questa guerra? Probabilmente l’abbaiare della NATO alla porta della Russia. Un’ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì».
Abbiamo pensato che non si potesse assistere impotenti di fronte al nuovo tradimento dei chierici. Occorreva pretendere profondità e complessità, interrogarsi e interrogare, con la consapevolezza e la coerenza di chi oggi può criticare l’operazione speciale russa in Ucraina perché ieri non ha condiviso né le guerre umanitarie né quelle finalizzate all’esportazione della democrazia. Perché non abbiamo mai taciuto, per schieramento politico e/o criteri di realpolitik, di fronte, per citarne solo due, alle tragiche ingiustizie che subiscono, ancora oggi, il popolo palestinese e quello curdo.
A oltre un anno dall’inizio del conflitto, le nostre preoccupazioni iniziali sono state, purtroppo, drammaticamente confermate. Eravamo angosciati perché in Italia, di fronte all’offensiva russa in Ucraina, una larghissima maggioranza parlamentare aveva scelto di fornire armi all’esercito ucraino, invece di condannare l’aggressione e di operare perché si ponesse immediatamente fine al conflitto. Scegliendo, così, di condividere passivamente le decisioni della NATO e dell’UE, in ossequio alla perversa logica del “se vuoi la pace prepara la guerra”.
Noi continuiamo a pensare che la pace si prepari solo con la pace e che la scuola abbia il dovere di approfondire i problemi, evitare le semplificazioni e, in accordo con la Costituzione, ripudiare la guerra.
Ci conforta sapere che la maggioranza delle/gli italiane/i condanna l’invio delle armi, consapevole che così facendo non solo si allontana la conclusione del conflitto, ma aumentano esponenzialmente morti e devastazioni. Consapevole del fatto che si useranno armi sempre più micidiali: non a caso, per la prima volta dal secondo dopoguerra, si è fatto esplicito riferimento all’utilizzo di ordigni nucleari.
Da queste considerazioni è nato il primo convegno CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica), svoltosi a Napoli il 5 maggio del 2022, dal titolo: Ucraina: la scuola si interroga, cui sono seguite, e continuano a essere organizzate in tutta Italia, tante iniziative di dibattito e formazione per ragionare su ciò che sta accadendo e sul ruolo della scuola. Per tali iniziative si è scelto, non a caso, il titolo: La scuola: laboratorio di pace. Gestire i conflitti. Prevenire la Guerra.
Siamo, infatti, convinti che la scuola non debba insegnare a dare risposte, ma praticare/sviluppare lo spirito critico, stimolare all’elaborazione di domande, mettere al centro i processi di riflessione.
Con questi convegni abbiamo voluto proporre interrogativi, analisi e valutazioni, tutte ulteriormente discutibili, per stimolare fra noi educatori/educatrici idee e progetti da tradurre in percorsi didattici.
Pensiamo, infatti, che, al di là dello stesso conflitto ucraino, il tema dell’educazione alla pace (che non è semplicemente assenza di guerra) debba ritornare al centro del lavoro scolastico, soprattutto in una fase storica nella quale tornano pericolosamente di moda nazionalismi e revanscismi. Una fase nella quale la guerra, invece di essere ripudiata e di fare orrore, viene individuata come mezzo – lecito – per la risoluzione dei conflitti; mentre subiamo, in evidente violazione della Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo e della Convenzione sui diritti del fanciullo, l’invadente presenza delle Forze armate italiane e straniere nelle scuole, non solo rispetto all’orientamento in uscita degli allievi, ma anche come contributo alla manutenzione degli ambienti e, in molti casi, con interventi (lingue straniere, educazione alimentare) che riguardano lo stesso sviluppo dei processi didattici. Per non parlare dei protocolli di intesa sottoscritti fra Uffici scolastici regionali e Forze armate per realizzare progetti legati alla alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO.
Le due pubblicazioni che abbiamo realizzato sintetizzano quanto discusso nei convegni con tanti interlocutori, diversi per studi, orientamenti e sensibilità, che ringraziamo per aver accettato i nostri inviti.
Speriamo che il loro contributo possa fornire a colleghe e colleghi, studentesse e studenti spunti e sollecitazioni per sviluppare percorsi didattico-educativi coerenti con quanto scritto nell’articolo 11 della nostra Costituzione.
Indice
Storia e geopolitica
15 Ucraina, passato e presente di una terra di confine
ANGELO D’ORSI
53 Dopo la caduta del Muro: nuovi equilibri interna-zionali
MANLIO DINUCCI
71 Scuola pubblica, Costituzione e ripudio della guerra
GAETANO BUCCI
85 Alle origini della crisi ucraina e della guerra in corso
ANDREA CATONE
Pensiero e didattica di pace
101 Riflessioni sul testo di Immanuel Kant, Per la pace perpetua
SALVATORE DISTEFANO
117 A 60 anni dalla “Pacem in Terris”: quale pedagogia per la pace
GIOVANNI RICCHIUTI, MATTEO LOSAPIO
143 La pace: unica alternativa
ALEX ZANOTELLI
151 Educare alla pace
ANTONINO DE CRISTOFARO
165 Proposte per una didattica per la pace
ANDREA IOMINI
197 Fuori dal sistema guerra. La via didattica alla non-violenza: docenti come “pacefondai”
MICHELE LUCIVERO
221 La scuola laboratorio di pace nei lavori preparatori della Costituzione repubblicana
MAURIZIA PIERR