La famiglia evanescente e quella coi piedi per terra, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: II genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini
(Lc 2, 41-52 – Sacra Famiglia / C).

C’è da riflettere molto sul fatto che il modo di parlare di famiglia, in diversi contesti cattolici, è spesso asettico: si ama riferirsi a grandi principi, a grandi scelte e politiche familiari, a problemi etici comunque straordinari (aborto, eutanasia, fecondazione in vitro, questione gender). Discorsi che spesso sono accompagnati da prese di posizione rigide in cui si preferisce condannare e non dialogare, imporre più che educare, dogmatizzare più che ricercare. Seguendo questo filone di discorsi sembra che la vita della famiglia sia fatta solo di grandi e inderogabili scelte di etica speciale. 

Ma la famiglia è prima di tutto quotidianità. Ci aiuta il Vangelo odierno: Gesù si perde nel tempio come un normale fanciullo della sua età. I genitori lo cercano e apprendono, imparano, all’inizio non comprendendo appieno, il piano di Dio nella quotidianità, nella difficoltà del loro educare un fanciullo particolare. Parliamo troppo di famiglie che sono modelli asettici e fuori del mondo, che sembrano non esistere in cielo come in terra. Le nostre famiglie, nella stragrande maggioranza dei casi, combattono con problemi non speciali e occasionali (aborto, eutanasia, fecondazione in vitro) ma quotidiani e persistenti (educazione dei figli, rapporto con gli anziani, malattie gravi, disoccupazione e scarsezza di fondi, relazioni con parenti e amici, debiti, scelte dei figli). Dobbiamo educarci a cercare Dio in essi. 

Penso a un problema notevole e determinante la serenità di tutti: quello delle relazioni all’interno della singola famiglia e delle famiglie tra di loro. Quanto odio, antipatia, rifiuto c’è nella vita familiare? E cosa pensiamo che Dio voglia da noi? Ci basta essere contro l’aborto e l’eutanasia per mettere a posto la nostra coscienza? “Gli odi familiari sono i più dannosi di tutti perché si soddisfano man mano, attraverso un contatto perpetuo. Somigliano a quegli ascessi aperti che avvelenano a poco a poco, senza febbre”, scriveva Bernanos nel suo Diario di un curato di campagna. Quante famiglie si sono avvelenate, magari saranno state ferme nell’essere antiabortisti o antieutanasia, ma forse poco nell’amore e nel perdono.

La “sovranità” della famiglia, che ci chiede il Signore è di tutt’altra stoffa. Giuseppe e Maria non compresero subito e pienamente il piano di Dio sul piccolo Gesù, Maria meditava nel suo cuore quello che accadeva. Forse le nostre famiglie hanno bisogno di meditare sulla qualità delle relazioni che in esse si instaurano. Spesso si lavora solo sulle quantità (soldi, successo, prestigio, potere, carriere, risparmi) e non qualità delle relazioni. Poi la crisi economica e quella delle relazioni fanno il resto creando sempre più famiglie chiuse in sé e spesso distrutte da odi, invidie e avarizia. Gesù ricorda a Maria e Giuseppe che se si vuole salvare la propria bisogna occuparsi di altro, cioè delle cose del Padre. Allora iniziamo con il chiederci quali sono le cose del Padre per la mia famiglia e quali no.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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