La bellezza: Shakespeare o un paio di stivali?, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. (Lc 1, 26-38 – Immacolata Concezione di Maria).

Spesso sentiamo citare la frase di Fëdor Dostoevskij: “la bellezza salverà il mondo”. È una bella citazione, un po’ ad effetto; spesso serve ad elevare un po’ lo sguardo su tante brutture: guerre omicidi, familiari e criminali, femminicidi, abusi su piccoli e migranti, danni irreparabili all’ambiente, volgarità quotidiane, crisi economica e occupazionale galoppante, corruzione. Forse prima di affermare che la “bellezza salverà” dovremmo chiederci quale bellezza può salvarci dalle tante brutture. Come per tutte le brutture i perché spesso sono sorpassati dalla fretta di dimenticare e ipocritamente affidare a scuola, università e famiglie la responsabilità di educare. Ma funziona in questo modo? Non penso proprio. Le bruttezze che abbiamo dentro vanno estirpate e sanate con un lavoro educativo che non esclude nessuno, ma proprio nessuno: ognuno nei confronti di se stesso e degli altri, verso i quali, ha responsabilità familiari, educative, sociali e politiche. E poi va fatta chiarezza su che tipo di bellezza cerchiamo e costruiamo nella nostra vita.  

Oggi è la festa di Maria Immacolata, colei che noi cattolici chiamiamo Tota pulchra, Tutta bella. Cantare, di Maria, Tutta bella sembra quasi una sfida: lei veramente bella, ma noi? La bellezza di Maria sempre tanto lontana, quasi impossibile come modello per l’oggi. Certo non possiamo godere del privilegio di Maria: essere preservati da sempre e per sempre da ogni contaminazione di peccato e bruttezza. Ma possiamo fare un cammino di riscoperta e conferma della bellezza che è in noi. Si, perché in ogni donna e in ogni uomo, anche nei più brutti e cattivi, esistono germi di bellezza, magari soffocati o non sviluppati. La bellezza, infatti, non è prerogativa solo dei credenti, ma di tutte le donne e gli uomini di ogni etnia, cultura e religione. Bisogna saperla cercare, la bellezza. 

Prima di tutto è necessario abbandonare tutti quei canoni estetici effimeri e quei gusti commerciali che decretano il bello/brutto, di qualcuno/a o qualcosa, basandosi sulla logica dell’apparire e del guadagnare. La bellezza è gratuita, come in un alba o tramonto o scene di animali o in un volto, ed è legata alla manifestazione di ciò che si è e non ciò che si ha. E’ facile dire che un sorriso o una carezza vale più di un diamante. Il problema non è dirlo, spesso ipocritamente, ma crederci. Credendoci si scopre la bellezza autentica.

In materia aiuta meditare l’intero brano di Fëdor Dostoevskij: 

“«Messieurs, l’ultima parola di questa storia è il perdono generale. Sono un vecchio che ha finito di vivere, dichiaro solennemente che lo spirito della vita soffia come prima e che la forza vitale non si è disseccata nella giovane generazione. L’entusiasmo della gioventù contemporanea è puro e luminoso come quello dei nostri tempi. È accaduta soltanto una cosa: un cambiamento degli scopi, la sostituzione di una bellezza con un’altra! Tutto l’equivoco sta nel capire che cosa sia più bello: Shakespeare o un paio di stivali, Raffaello o il petrolio». «È una denuncia!» brontolavano alcuni «Domande compromettenti!». «Agent-provocateur!»

«Ma io dichiaro» gridò Stepan Trofimoviè all’ultimo stadio del furore, «ma io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno al di sopra della liberazione dei servi della gleba, al di sopra della nazionalità, al di sopra del socialismo, al di sopra della giovane generazione, al di sopra della chimica, quasi al di sopra dell’umanità intera, poiché sono già un frutto, il vero frutto di tutta l’umanità e forse il più alto frutto che mai possa esistere! È già stata raggiunta una forma di bellezza, senza il raggiungimento della quale io non accetterei più di vivere… Oh, Dio!» batté le mani, «dieci anni fa gridavo proprio così a Pietroburgo da un palco, proprio la stessa cosa e con le stesse parole, e proprio così come ora, non capivano nulla, ridevano e fischiavano; uomini meschini, che cosa vi manca per capire? Ma lo sapete voi, lo sapete voi che senza gli inglesi l’umanità può ancora vivere, può vivere senza la Germania, può vivere fin troppo facilmente senza gli uomini russi, può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui. La scienza stessa non resisterebbe un minuto senza la bellezza, lo sapete voi questo, voi che ridete? Si trasformerebbe in volgarità, non inventereste nemmeno un chiodo!… Io non cedo!» concluse gridando in modo assurdo, picchiando con tutta la sua forza un pugno sul tavolo” (I demoni).

Molte figure bibliche sono belle perché non sono né scienziati, né super capaci, né super dotati. Maria quando riceve l’annuncio dell’angelo è una giovanissima donna impaurita ma aperta a capire il piano di Dio per lei. Non è pronta, non sa tutto, non è sicura, ma si turba, si interroga, chiede spiegazioni. La bellezza in lei – come in tutti noi – non splende immediatamente, non è un effetto cinematografico. E’ il frutto di un cammino. E’ un anelito profondo. E’ una disposizione interiore. E’ il desiderio di vivere nella bellezza, cercando di non perderla mai. 

Rocco D’Ambrosio 

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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