Contrapporre Benedetto XVI e Francesco non ha senso, perché dal punto di vista teologico erano “molto più vicini di quanto si creda”, e il segretario particolare di Ratzinger, che in questi giorni sta esternando critiche disparate nei confronti di Bergoglio, farebbe meglio “a tacere“. Francesco, da parte sua, non ha nessuna intenzione di rinunciare: lo farà senza problemi in caso di impedimento medico grave, ma, come ha detto egli stesso, “non si governa con le gambe, ma con la testa”, e già guarda al Giubileo del 2025. Il cardinale Walter Kasper è una figura di peso in Vaticano: collega di Ratzinger nelle università tedesche, poi vescovo di Stoccarda, è stato il “ministro” per l’ecumenismo prima di Giovanni Paolo II poi di Benedetto XVI, ed è un teologo più volte citato da Francesco come punto di riferimento. Oggi boccia l’idea che il Papa emerito sia dichiarato “santo subito” (“Non si va in cielo con treno ad alta velocità”), esprime perplessità sulla scelta di adottare il titolo di “Papa emerito” (sarebbe più adatto “vescovo emerito di Roma”), e ritiene che lo scontro tra “cosiddetti progressisti e cosiddetti conservatori”, nella Chiesa, possa trovare una sintesi nel sinodo globale indetto da Papa Francesco: “Ognuno ha la sua convinzione ma si deve anche rispettare l’altro, dialogare”.
Si possono contrapporre Joseph Ratzinger a Jorge Mario Bergoglio?
“Sono personalità diverse, è ovvio, vengono da culture diverse, l’uno proveniva da una cultura europea l’altro da una cultura latino-americana, questo è chiaro, ma sotto l’aspetto teologico erano molto più vicini di quanto si creda. Papa Francesco ha spesso citato Benedetto, ha avuto con lui rapporti amichevoli. Non bisogna trovare altre differenze, e il fatto che tra i due ci fosse una differenza di accenti è assolutamente normale”.
Durante i funerali di Benedetto qualche fedele ha chiesto, come avvenne con Giovanni Paolo II, che venga fatto “santo subito”: è plausibile?
“Io non sono d’accordo con questo: il diritto canonico dice che si devono aspettare almeno cinque anni dalla morte prima di aprire un tale processo e questo è una indicazione molto prudente e saggia. Non si va con treno ad alta velocità in cielo”.
In questi giorni il segretario particolare del Papa emerito, monsignor Georg Gänswein, sta facendo dichiarazioni contro Papa Francesco: cosa ne pensa?
“Sarebbe stato meglio tacere. Adesso non è il momento per tali cose”.
Il Pontificato di Francesco a suo avviso da adesso in poi cambia? La convince l’idea di chi sostiene che poiché non c’è più un Papa emerito è più probabile che il Papa rinunci?
“Non so se il suo pontificato ora cambi o no, bisogna aspettare e vedere, non posso anticipare il Papa. Ma no, non credo che rinuncerà. Lui stesso ha detto esplicitamente che al momento non ha questo intenzione. Rinuncerà se non sarà più capace di affrontare le sfide del suo pontificato, sì, ma adesso va avanti. Vuole portare avanti il processo sinodale della Chiesa universale, fa già riflessioni sull’anno santo del 2025, giubileo del Concilio di Nicea. Al momento non è pronto a fare una rinuncia, se sarà necessario sì ma adesso no: come lui dice, non si governa con le gambe ma con la testa”.
La convince l’idea di chiamare un Papa che rinuncia “Papa emerito”?
“Quella alla quale abbiamo assistito era una situazione unica, che sinora non si era mai presentata, con due uomini vestiti di bianco l’uno Papa e l’altro Papa emerito. Ma si tratta di una situazione non desiderabile. A mio avviso c’è un ampio consenso circa la necessità di non avere più il titolo Papa emerito, e optare per un’alternativa, magari vescovo emerito di Roma. Avrebbe senso, Papa emerito non era un titolo molto opportuno. Ma non so se Papa Francesco prenderà un’iniziativa in tal senso e cambierà qualcosa, non ne ho parlato con lui”.
Nella Chiesa cattolica c’è uno scontro tra conservatori e progressisti?
“È ovvio che c’è uno scontro tra due sensibilità diverse, i cosiddetti progressisti e i cosiddetti conservatori, ma abbiamo bisogno di continuare il dialogo tra posizioni differenti, perché questi scontri non fanno bene alla Chiesa”.
Il sinodo globale indetto da Francesco può essere il luogo adatto?
“Il sinodo è un modo per superare questi problemi: bisogna parlarsi, discutere dei problemi, e poi anche trovare dei compromessi. Ognuno ha la sua convinzione ma si deve anche rispettare l’altro, dialogare: questo è quello che vuole il Papa con questo processo sinodale”.
Non c’è un rischio di scisma, ad esempio negli Stati Uniti?
“Io non parlo di scisma, forse ci possono essere degli scismi di fatto, ma non bisogna esagerare la situazione. Solo se la comunione eucaristica è interrotta si può parlare di scisma reale, ma questo non è il caso adesso: ancora parliamo e celebriamo insieme l’eucaristia. C’è una diversità di opinioni che non è certo una novità nella storia della Chiesa. In ogni Chiesa possono esserci preoccupazioni diverse: negli Stati Uniti, in Germania, ma anche in Africa, in Asia… il problema di oggi è che c’è una pluriculturalità della Chiesa e questo è molto difficile da coordinare e pacificare. Ma la pluralità non deve diventare uno scisma”.
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