L’accordo sulla gestione dei flussi migratori tra Italia e Albania rappresenta “una sconfitta” – come ha dichiarato il Presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi – del sistema di accoglienza richiedenti asilo dell’Italia. E’ un progetto che davvero disonora il nostro Paese, incapace di tutelare un diritto fondamentale, quale il diritto d’asilo, affermato nella nostra Costituzione (art.10). Questo accordo, anche se ancora non si conosce in modo puntuale tutti i particolari, è un nuovo tentativo del nostro Paese di esternalizzare una parte delle domande di asilo. Che un Paese di 60 milioni di abitanti faccia fatica ad accogliere tremila persone e ad organizzarsi da questo punto di vista, è veramente una vergogna, tanto più che il nostro Paese non è tra i Paesi europei che accolgono, proporzionalmente agli abitanti, un numero elevato di richiedenti asilo e rifugiati.
L’accordo con l’Albania rientra in quella logica degli accordi fatti fino ad ora dall’Europa, con la Libia e con la Turchia, per un controllo e un’accoglienza esterno delle persone che sono in fuga da guerre, calamità naturali, vittime di tratta, con problematiche serie in ordine alla tutela dei diritti fondamentali più volte evidenziate. L’Accordo merita di essere approfondito e soprattutto necessita di chiarimenti: come si può pensare di fare una selezione dei migranti in fuga? Solo uomini maggiorenni in Albania, escluse donne e bambini? Come potranno separare le famiglie, senza andare incontro ad un abuso grave? Come si potrà analizzare le domande di asilo, se non in maniera semplificata e superficiale, in 28 giorni, quando mediamente in Italia si va dai 90 ai 180 giorni per un esame? Come si potrà fare il rimpatrio nei Paesi di origine in così breve tempo e mancando ancora accordi, visto che lo scorso anno sono stati rimpatriate 4000 persone dall’Italia?
Per chi arriva in Albania saremo di fronte a un Hotspot e a chi sarà ricusata la protezione internazionale di fatto si fermerà in un Centro di trattenimento: un CPR in Albania, per non scontentare i Comuni e le Regioni che non ne volevano nei propri territori. Vedremo poi un andirivieni tra l’Albania e l’Italia: di chi a cui viene riconosciuto il diritto d’asilo – normalmente oltre il 50% dei richiedenti e il 72% dei ricusati che hanno fatto ricorso; e di chi forse dall’Italia andrà in un CPR in Albania in attesa di possibili rimpatri.
Una resa dell’Italia ad un impegno che chiedeva invece un rafforzamento del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, con le stesse risorse. Speriamo che questo Accordo, vergognoso e irrazionale, naufraghi, come del resto è naufragato quello della Tunisia, e rimanga una carta di intenti irrealizzabile. Spero che in Parlamento si riesca a comprendere come queste risorse vadano impiegate in un’altra direzione e soprattutto a tutela dei richiedenti asilo. Come si spera che la Commissione europea per le migrazioni, che ha chiesto di esaminare l’accordo, evidenzi tutti gli aspetti problematici. Parlamento italiano e Commissione europea sono i soli argini che possono incanalare e ripensare un progetto che veramente disonora il nostro Paese e non aiuta a tutelare il diritto alla protezione internazionale.
G.C. Perego, arcivescovo, presidente Cemi e Migrantes
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