La corruzione ha messo i piedi sul piatto del Parlamento europeo. Alcuni membri o ex-membri di quest’ultimo (italiani e greci, tanto per non contraddire gli stereotipi) sono indagati per aver usato la loro influenza istituzionale a favore degli interessi dei governi del Qatar e del Marocco, in cambio di cospicue somme di denaro. Anche se non si conoscono ancora i capi di accusa, per molti questa vicenda dimostra che il Parlamento europeo ha troppo potere, di cui beneficiano lobbies senza scrupoli. Per il premier ungherese Viktor Orbán, essa è addirittura un esempio dell’ipocrisia liberale. Davvero? Cominciamo con le lobbies e poi passiamo al Parlamento europeo.
Le lobbies sono gruppi di pressione che, in nome di interessi economici specifici o cause politiche generali, cercano di influenzare dall’esterno le deliberazioni delle istituzioni pubbliche.
Esse sono attori necessari, e non solo legittimi, della politica democratica, in quanto forniscono (o possono fornire) un contributo informativo importante ai parlamentari. Poiché in democrazia si governa attraverso le leggi e poiché le materie oggetto delle leggi sono spesso tecniche, è inevitabile che i parlamentari ricorrano a informazioni e competenze esterne. Naturalmente, l’azione delle lobbies è, e deve essere, sottoposta a controlli e a vincoli di pubblicità e trasparenza, soprattutto perché esse dispongono di risorse finanziarie che potrebbero influenzare il processo legislativo («sostenendo, fuori dalle leggi, chi sostiene le loro cause», per dirla con Jacob Hacker e Paul Pierson). Attualmente, ad esempio, i lobbisti registrati al Congresso americano sono 12.098, con un impegno di spesa complessivo di più di 3 miliardi di dollari. L’interazione tra parlamentari e gruppi di pressione può realizzarsi attraverso i partiti, là dove questi ultimi sono organizzati e radicati, oppure può avere un carattere più individuale, là dove la mediazione partitica è invece debole. In entrambi i casi si possono verificare tendenze degenerative. Quando ciò è avvenuto, le democrazie sono corse ai ripari, non solamente attraverso l’azione della magistratura, ma soprattutto sottoponendo la relazione di rappresentanza a nuove regole e a maggiore trasparenza.
Le lobbies non agiscono solamente nel processo legislativo, anche perché il governo di società complesse ha condotto a un’espansione dei compiti delle amministrazioni pubbliche e delle agenzie regolative, così allargando gli ambiti in cui la loro influenza può essere esercitata. Anche qui, non sono mancate tendenze degenerative, come la “cattura” dei regolatori da parte dei regolati (nelle agenzie) oppure la “privatizzazione” delle amministrazioni da parte di corporazioni (interne ed esterne). E di nuovo, quando ciò è avvenuto, le democrazie sono corse ai ripari, con l’azione della magistratura e introducendo nuovi sistemi di controllo. La predisposizione alla corruzione non può essere sradicata (“gli uomini non sono angeli”, direbbe James Madison), ma può essere contrastata con uno stato di diritto efficiente e un’informazione libera e responsabile. Cioè con le istituzioni della democrazia liberale che il premier ungherese Viktor Orbán invece disdegna.
Vediamo ora il Parlamento europeo. Ciò che è avvenuto è sconfortante, ma non dimostra che esso ha troppo potere. Chi lo sostiene, non sa di cosa parla. Certamente, dalla sua prima elezione diretta nel 1979 (prima era costituito di rappresentanti dei parlamenti nazionali con funzioni consultive), il Parlamento europeo ha incrementato i propri poteri. Oggi, in quasi tutte le materie relative al funzionamento del mercato unico (come, appunto, l’entrata della compagnia aerea del Qatar nello spazio europeo o la possibilità per i cittadini del Qatar di entrare senza visti nell’Unione europea), il Parlamento europeo condivide il potere legislativo con il Consiglio dei ministri nazionali.
Nelle altre materie (come la politica estera), il Parlamento europeo ha solamente un potere simbolico. Ad esempio, può votare una mozione a favore della causa indipendentista del Fronte Polisario, che rivendica l’indipendenza del Sahara occidentale dall’occupazione militare del Marocco, mozione che disturba il governo di quest’ultimo, anche se ha poca rilevanza pratica. Infatti, al di fuori del mercato unico, i poteri del Parlamento europeo continuano a essere limitati dai Trattati europei, oltre a essere contrastati dai governi nazionali (che useranno la vicenda in corso per contrastarli ulteriormente). Infatti, il Parlamento europeo non dispone del potere di iniziativa legislativa (non può presentare proposte di legge), non dispone del potere fiscale (è l’unico parlamento democratico caratterizzato da “representation without taxation”), non ha voce in politiche cruciali (come la difesa, la sicurezza, gli esteri), non ha alcun potere di sanzione nei confronti delle scelte del Consiglio europeo dei capi di governo nazionali. Il Parlamento europeo contribuisce all’elezione del presidente della Commissione europea, ma quest’ultimo/a esercita il suo ruolo esecutivo solamente nelle materie del mercato unico. Nelle altre agisce come un segretariato dei governi nazionali. Il Parlamento europeo non ha troppi poteri, anzi non ne ha abbastanza per bilanciare i poteri dei governi nazionali.
Insomma, ciò che non va del Parlamento europeo è la limitazione dei suoi poteri e non la loro estensione. La vicenda che lo sta mortificando non può essere usata per limitarli ulteriormente. Il problema è l’asimmetria dei poteri tra governi nazionali e Parlamento europeo, non già l’avidità (personale o politica) di alcuni membri di quest’ultimo.
https://www.ilsole24ore.com/art/il-parlamento-europeo-e-lobby-che-cosa-non-va-AECOJ4PC