È vero che, di questi tempi, nelle democrazie c’è penuria di leader. C’è però un surplus di narcisisti. Di una buona lunghezza, la gara la vince Donald Trump. Ritiene di essere stato il migliore immobiliarista di tutta l’America: il suo nome risplende sulle torri a Manhattan come a Chicago come a Las Vegas. A quarant’anni ha scritto un saggio sulla Art of the Deal, su come si fanno gli affari, spesso a muso duro. È stato un divo quando licenziava vittime incoscienti in diretta tv. È diventato presidente degli Stati Uniti ed è ancora convinto che non fosse possibile che lui perdesse l’elezione al secondo giro. Cento punti.
Nella contesa, Joe Biden è in forte recupero. La sua sembra una svolta arrivata tardi: è sempre stato considerato ambizioso ma non supponente, non ha mai dato segno di considerarsi indispensabile. Ora, contro il consiglio e la pressione di amici, colleghi e più di mezza America, ritiene di essere imprescindibile contro il «borioso in capo», Trump. Per il momento, ottanta punti perché può ancora ravvedersi. Ora: i presidenti degli Stati Uniti un’alta considerazione di sé stessi la devono avere, per tenere testa ad autocrati e dittatori di mezzo mondo e, forse soprattutto, per farsi largo nella giungla di Washington. Questo livello di narcisismo, però, non sembrava una caratteristica di presidenti come Carter, Reagan, i due Bush. Forse Bill Clinton emanava una superiorità intellettuale, Barack Obama un’altezzosità naturale. Ma niente a confronto dei due candidati che producono la stagnazione della politica americana. Una mutazione genetica dei vertici degli Stati Uniti? Si direbbe di no, se si getta un occhio alla Francia.
Paese nel quale un’aria di superiorità è sempre emanata dall’Eliseo ma più per il ruolo che per gli inquilini: De Gaulle è l’eccezione (come lo è stato in tutto) e Mitterand dovette ammettere i suoi errori. Ma, ora, Emmanuel Macron passa da inciampi a idee brillanti e sembra convinto di non dovere rispondere di ciò che dice e fa. Probabilmente pensa che, dopo di lui, il diluvio (non è escluso). Sessanta punti perché in Francia, in fondo, è la carica a farti sentire Jupiter. Siamo forse nell’era dell’ego ipertrofico: curiosamente, persino in Italia corrono politici con un’immensa idea di se stessi. È che narcisismo non è sinonimo di leadership (e si nota).
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