Il dovere morale di accogliere chi fugge da guerra e fame, di Giovanni Maria Flick

La realtà oggi presenta nuovi e grandi rischi per la dignità umana. Nel Mediterraneo naufraga anche la tradizione europea di accoglienza e sensibilità per i diritti fondamentali. L’aggressione della Russia all’Ucraina e lo scontro drammatico fra Israele ed Hamas sono espressione di una guerra globale anche per l’Europa.
Una risposta può arrivare dalla Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), dalla Convenzione europea per la salvaguardia di essi e delle libertà fondamentali (1950), dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (2000 e 2007) e dalla Costituzione italiana.
Soltanto una risposta teorica di buona volontà? Il percorso europeo è stato segnato dalla consapevolezza che non possono esistere né Unione, né mercato, né euro, né Europa e tanto meno pace in essa senza i diritti fondamentali difesi dalla Corte di Giustizia e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Nella Costituzione italiana la dignità è indice di concretezza dell’eguaglianza; in una recente riforma l’articolo 9 trasforma la tutela dell’ambiente nello “sviluppo sostenibile”; comprende in quest’ultimo come “principio fondamentale” la tutela della biodiversità, dell’ecosistema e dell’interesse delle generazioni future. Propone il legame fra eguaglianza e diversità, tra libertà e solidarietà e gli altri valori costituzionali e coglie il nesso fra diritti fondamentali e doveri inderogabili.
La stretta connessione fra gli articoli 2, 3 e 9 della Costituzione evidenzia un ulteriore aspetto: la pari dignità sociale come ponte fra diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale nei principi degli articoli 32 (diritto alla salute), 13 (punizione della violenza fisica e morale contro i detenuti), 27 (umanità delle pene) e 36 (vita libera e dignitosa di chi lavora).
La dignità è dunque premessa e condizione di eguaglianza, diversità e identità. Ed è quindi espressione di solidarietà. Le migrazioni sono una risorsa in un’Europa che va spopolandosi. Il percorso dalle tradizioni e dai valori comuni costituzionali ed europei – contraddistinto dal pluralismo, dall’unità nella diversità, dalla centralità della persona umana, dalla solidarietà, dalla laicità e dalla tolleranza – è stato drammaticamente interrotto dalle due guerre in corso. I conflitti e le carenze politiche, istituzionali ed economiche dell’Unione rischiano di alimentare la sfiducia nell’Europa, i nazionalismi, il sovranismo e gli egoismi. Rischiano di far dimenticare l’importanza della costruzione per assicurare la pace in Europa. Quest’ultima, però, non può risolversi soltanto in finzioni giuridiche.
I recenti scenari di guerra e i rischi ambientali costringono a ripensare il tema dei diritti fondamentali e della centralità della persona non solo difronte all’urgenza della transizione ecologica e tecnologica, ma anche ai timori per rischi ed eccessi nell’uso dell’intelligenza artificiale e agli interrogativi della bioetica. È necessario rendere l’Europa più unita e capace di vincere le sfide, perché il mondo cambia.
La finanza, ad esempio, non deve frenare l’integrazione europea, che non può limitarsi all’armonizzazione delle legislazioni interne: occorre un adeguamento ai nuovi tempi. La competitività esige regole di concorrenza e tutela dei diritti sociali, investimenti comuni con finanziamenti europei, sicurezza e disponibilità di fonti di energia e materie prime. Esige una crescita parallela di economia e rilevanza politica della UE, attraverso una reale strategia di politica estera per confrontarsi “ad armi pari” con Cina e Usa, nonché con i Paesi che innovano e sviluppano tecnologie come l’India.
Per superare i limiti del mercato unico non bastano più le quattro libertà coltivate sino ad ora: circolazione di beni, servizi, persone, capitali. Occorre aggiungere le libertà relative alla ricerca, al capitale sociale, alla cultura, all’innovazione e all’istruzione. Occorre più efficienza, non solo più eguaglianza.
Il benessere in Europa ci porta a disinteressarci del futuro e dei problemi degli “altri”, tra cui prima di tutto i migranti, un fenomeno geopolitico strutturale. E fin da quando migranti eravamo noi, l’articolo 10 della Carta afferma l’obbligo di accogliere quelli a cui nel loro Paese sia impedito l’esercizio delle libertà democratiche. «Si tratta di un obbligo internazionale e di un dovere morale di solidarietà coerente con i principi della Costituzione», ha ribadito ieri il Presidente della Repubblica Mattarella.
Non solo lo straniero ha il diritto di asilo se fugge dalla guerra o dalle persecuzioni, lo ha pure chi nel suo Paese non ha la possibilità di esercitare le libertà fondamentali, prima fra esse quella di non morire di fame.
Occorre certo reagire con ogni mezzo all’odio, alla violenza e all’intolleranza del razzismo e del negazionismo. Ed è indispensabile contrastare i mercanti di armi e soprattutto quelli di uomini, i loro traffici e profitti. Ma bisogna anche ricordare che non è il pane ad andare dove c’è la fame, ma la fame dove c’è il pane. E nell’Unione il pane per il momento c’è ancora. Italia ed Europa hanno dato il meglio di sé nei momenti più difficili della loro storia, farlo oggi è un dovere morale.

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