Il corpo del Papa, di Marcello Neri

Il mondo sembra scivolare via dalle dita delle potenze globali e, forse come mai prima, sentiamo l‘urgenza di una parola ben equilibrata da parte di Papa Francesco. Il suo ricovero in ospedale ha lasciato il nostro mondo con un senso di solitudine che tormenta la vita delle persone. Il nostro tempo sembra aver davvero bisogno delle azioni e delle parole del Papa per trovare una via d’uscita dal pasticcio in cui ci siamo cacciati. E tuttavia, ciò che probabilmente ci sfugge non sono le parole di Francesco, ma la sua presenza fisica.
C’è stato un tempo in cui il corpo del re e quello del Papa erano una sorta di sacramento del potere, un segno visibile di governo e ordine. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha avuto un rapporto corporeo con le persone e i drammi dell’umanità. Li ha toccati e si è lasciato toccare da loro. È andato in luoghi in cui, per motivi di sicurezza, sarebbe stato meglio non andare: in Iraq durante la pandemia per incontrare la guida spirituale sciita Al-Sistani, a Bangui nella Repubblica Centrafricana per aprire la Porta Santa in occasione del Giubileo della Misericordia; in Sud Sudan per promuovere processi di riconciliazione e pace (solo per citare alcuni dei suoi viaggi più audaci).
Forse ci manca la sua presenza fisica nel mondo di oggi, un corpo che è sacramento non di potere ma di cura e misericordia. Sentiamo l’assenza corporea e la leadership visibile di Papa Francesco, la materialità tangibile di un corpo che non prende posizione ma accoglie tutti. La sua ospedalizzazione ha lasciato il mondo senza un segno visibile di passione e cura per il destino della nostra comune umanità.
Il silenzio e l’assenza visibile del Papa sembrano avere gravi ripercussioni sulla missione diplomatica della Santa Sede. Sembrano, ma forse non è così. In questo momento, tale silenzio e assenza potrebbero lasciare campo libero alla saggezza della diplomazia vaticana, che ha bisogno di discrezione e stretta riservatezza per essere efficace.
In un lungo post su X, il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha scritto della sua conversazione telefonica con il Segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Zelensky riconosce che la “voce della Santa Sede è di grande importanza sulla via della pace” e dimostra che i contatti diplomatici tra Russia e Vaticano sono attivi e aggiornati. Un elenco di prigionieri ucraini in Russia è stato inviato alla Santa Sede, un promemoria che uno scambio reciproco di prigionieri è fondamentale per la tregua che gli Stati Uniti stanno mediando.
Zelensky dimostra che la Santa Sede, in particolare il cardinale Parolin, non è impedita a operare dall’impedimento del Papa. Oggi, la diplomazia vaticana sta parlando con gli ucraini, con i russi e con gli americani (il dialogo con l’Unione Europea non è mai cessato durante la guerra in Ucraina).
Certo, lo sappiamo perché Zelensky ha bisogno non solo del sostegno militare dell’Unione Europea ma anche – e soprattutto – di un canale affidabile di mediazione diplomatica (che, al momento, potrebbe essere offerto forse solo dalla Santa Sede). È così nonostante le tante tensioni in passato con Papa Francesco e la Santa Sede, che hanno resistito alla tentazione di diventare una pedina di una parte nell’imbroglio ucraino.
La Santa Sede sembra essere l’unico mediatore diplomatico veramente indipendente, un tipo di cui ogni parte potrebbe aver bisogno ora. Se abbiamo varcato la soglia del sovvertimento dell’ordine mondiale come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 80 anni, allora tutti gli equilibri che tenevano insieme tale ordine sono stati infranti. In una situazione come questa, dove nessuno si fida più di nessuno, forse anche una dichiarazione ben calibrata e ben bilanciata di Papa Francesco potrebbe essere controproducente. Potrebbe essere perché non c’è alcuna garanzia realistica che i partner che dovrebbero agire su tale dichiarazione si comporteranno di conseguenza.
In questo contesto, il silenzio e l’assenza fisica del Papa potrebbero favorire l’impegno diplomatico in cui è impegnato il cardinale Parolin. Supponiamo che la corsa al riarmo mondiale e i numerosi conflitti locali che potrebbero rapidamente degenerare in una guerra mondiale vengano lentamente incanalati in una tregua fredda e duratura. In tal caso, ciò sarà dovuto anche alla mediazione diplomatica silenziosa, invisibile, pratica e concreta che la Santa Sede sta saggiamente portando avanti.

appiainstitute.org/articles/china/religion/the-body-of-pope/

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Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.


 

 

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