Due giorni di approfondito confronto tra docenti e studenti, presso lo IUSVE di Venezia, sul tema Arca. Ipotesi di speranza per un’utopia concreta nel tempo di un nuovo diluvio. Per un Manifesto dell’ecologia integrale a dieci anni dalla Laudato si’ di Papa Francesco (12-13 marzo 2025).
Non intendo fare riferimento alla ricchezza dei temi, di ecologia integrale, affrontati quanto ad alcuni «messaggi» particolari che sono emersi, specie con l’apporto dei giovani studenti presenti. La casa è comune, quindi anche l’impegno per la sua salvaguardia è comune: chiede a uomini e donne di ogni cultura, religione e territorio di creare sinergie continue perché questo mondo non perisca tra disastri ambientali e uso scellerato delle risorse.
Tuttavia, gli appelli continui, se si osserva bene, rimandano a ciò che Boff scrive chiaramente: «Sfortunatamente, c’è un deficit di cultura ecologica e di coscienza della gravità della situazione globale sia tra coloro che prendono decisioni, sia a livello collettivo» (Abitare la terra. Quale via per la fraternità universale?). Il deficit di cultura ecologica è una costante determinante; non si può ridurre il tutto all’invito a rispettare gli ambienti e praticare la raccolta differenziata.
Il volto della precedenza
Mi ha fatto molto pensare l’intervento della giovane studentessa Giorgia Martignon: «Si è parlato molto, durante l’incontro, di camminare al passo del più lento e anche di trovare un volto a chi è per noi il più lento, credo però che ognuno abbia il suo, di volto. Ad esempio, se io scelgo di intraprendere una transizione ecologica perché trovo in questa la mia risposta, ci saranno altre persone che, rispondendo alla mia stessa urgenza, agiranno cercando di operare su altre questioni, come le persone in movimento. Quindi ho pensato che se tutti noi scegliessimo lo stesso obiettivo, il raggiungimento di questo sarebbe molto più efficace e veloce. La domanda quindi resta, ma che risposta o meglio, che volto, ha la precedenza? A chi rivolgo la precedenza del mio agire?».
Che volto ha la precedenza? È una domanda – rivolta a noi adulti soprattutto – che fa pensare molto. È una domanda che personalmente mi porta a considerare la mole di informazioni che noi docenti, educatori e operatori dei media trasmettiamo: dove tutto è importante, tutto è urgente, tutto va affrontato e risolto, qui ed ora, quasi in tempo reale.
La civiltà della fretta fa scomparire il volto della precedenza e, insieme ad esso, stravolge la gerarchia delle priorità etiche, sociali e politiche. E ciò riporta alla responsabilità educativa: solo un serio e motivato itinerario educativo può aiutare giovani e adulti a comprendere che l’impegno ecologico necessita di far proprie le parole, i contenuti antropologici ed etici fondamentali per costruire e solidificare le relazioni con noi stessi, gli altri, l’ambiente e, per chi ci crede, con il buon Dio.
Tutto ruota, prima di tutto, intorno allo strumento parola, il greco lògos. Le parole ci aiutano – come insegna Milani – a «esprimere senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude». Relazionalità e comunicazione sono i pilastri della formazione politica: non a caso quando la politica degenera, turba e falsa le relazioni, nella stessa misura in cui inquina e strumentalizza la comunicazione, dai social all’uso distorto di Big Data e Intelligenza Artificiale.
La passione del possibile
Un’ultima annotazione. E se tutti questi temi imparassimo a decodificarli e affrontarli con i giovani?
Siamo tutti sulla stessa barca – direbbe papa Francesco – tra le stesse onde. Dovremmo solo ricordarci continuamente che «la cultura è, in ultima analisi, un prodotto collettivo», come scrive Mary Douglas. Ovviamente non è possibile costruire insieme pezzi di sapere e riferimenti emotivi forti finché noi adulti, specie docenti ed educatori, vogliamo sempre e comunque stare in cattedra per pontificare su tutto e con tutti, studenti e colleghi in primis. Senza dimenticare l’altro ostacolo: la tendenza di diversi giovani a fermarsi poco per riflettere «in proprio», perché «schiavi» di social, siti web, Intelligenza Artificiale.
Evitando costantemente i rischi maggiori – eccessiva connessione col nostro io fuori misura e autoreferenziale (per gli adulti) e con la rete (per i giovani) – si può costruire un’Arca insieme, che partendo dai temi ecologici classici si estenda all’ecologia umana. Nell’Arca ci portiamo «coppie» di idee ed emozioni, capaci di generarne altre, perché vagliate insieme, adulti e giovani.
Sottolineo l’elemento di «coppia», cioè del generare insieme, perché lo ritengo il più potente antidoto all’individualismo e incapacità relazionale odierno. Si genera insieme per passione e con empatia. Non a caso Søren Kierkegaard ha scritto che «la speranza è la passione per ciò che è possibile».
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