Gesù e gli scandali, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»
(Gv 6, 60-69).

Il discorso di Gesù è molto esigente; sono gli stessi discepoli ad ammetterlo: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Il Signore lo sa bene e forse per questo evidenzia che la loro difficoltà sta nel sopportare lo scandalo; infatti dice loro: “Questo vi scandalizza?”. Ci aspetteremmo, a questo punto, che il Signore li aiuti ad accettare lo scandalo e a superarlo. Invece sembra rincarare la dose: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?”. Evento promesso, che poi si realizzerà nell’Ascensione. 

Orbene lo scandalo non si può eliminare, anzi il Signore, in alcuni casi, sembra farsi conoscere solo attraverso scandali, come il corpo donato in cibo, la crocifissione, la morte, la resurrezione e l’ascensione. 

Ma cos’è uno scandalo? Il vocabolario italiano dice che stratta di un “turbamento della coscienza e della serenità altrui, provocato da azione, contegno, fatto o parola che offra esempio di colpa, di male o di malizia… Fatto o situazione che ha aspetti contrari ai principi morali o sociali correnti, e che desta l’interessamento dell’opinione pubblica o di un determinato ambiente” (Treccani). Sarebbe interessante formulare una mappa – a livello personale quanto sociale – di ciò che scandalizza, ovvero turba la nostra coscienza, la fa ribellare, per poi indignarci e scegliere strade incoerenti. Ci scandalizza più la prassi di Israele o di Hamas o entrambi, con le decine di guerre attive sparse nel mondo?  Ci scandalizzano più i fatti di cronaca, specie femminicidi, violenti e diffusi, che migranti abbandonati a morire su una nave? Ci scandalizza più il rubare o il tradire in famiglia, chi non rispetta alcune regole o chi, ipocritamente, fa finta di rispettarle? In altri termini lo scandalizzarsi da solo non basta. Ci vuole riflessione, discernimento, valutazione per capire e poi scegliere di conseguenza. 

Scandalizzarsi, in un certo senso, fa bene: è segno di una vivacità di coscienza e può sempre essere l’inizio o la conferma di ciò in cui crediamo. Infatti Gesù non fa niente per evitarlo, anzi ne preannuncia di più grandi. Del resto sono tanti i passi che parlano dello scandalo che le parole e i gesti di Gesù provocano; tanto da fargli dire: “beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,6). Ovviamente la considerazione nuda e cruda dello scandalo serve a ben poco.

  

Interessante notare come Gesù, una volta constatato il fatto che fossero scandalizzati dalla sua parola, abbia riportato tutto al rapporto con se stesso: “Volete andarvene anche voi?”. Ci sono scandali che pongono una scelta radicale: rimanere o andar via? Stando al brano evangelico l’accettazione dello scandalo fa coppia con la fede.

Allora – per quello che riesco a capire – è un bene che il buon Dio ci scandalizzi, ci sconvolga la vita, ci apra nuove prospettive, ci metta in crisi, ci indichi nuove strade. Il problema non è il peso dello scandalo – il Signore sa bene come e dove arrivare nello scandalizzarci – quanto la nostra scelta. Vogliamo andarcene perché lui ci scandalizza? Vogliamo abbandonarlo perché non risponde al nostro modo di sentire e vedere il mondo e la vita? Vogliamo andarcene per questo Avremo il coraggio e la sincerità di Pietro? E’ lui che detto, forse anche per noi: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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