“Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido“. Desidero partire da questa citazione di Vittorio Bachelet, allargandone la portata a livello globale, per dire qualcosa su Papa Francesco. Cominciano a sedimentarsi parole – troppe e, a volte, anche fuori luogo o inopportune – che recano evidenti l’affanno di voler esprimere a tutti costi un pensiero su Papa Francesco, magari cambiando rotta – anzi invertendo rotta – rispetto a quanto espresso o non detto in precedenza a motivo di una esplicita opposizione al pensiero, allo stile, alla visione e, persino, alla persona di Papa Bergoglio. Mi sembra di poter cogliere una felice assonanza tra quanto detto e fatto da Vittorio Bachelet nel tempo della rilettura e riorganizzazione dell’Azione Cattolica e dell’impegno dell’Associazione ad accogliere e diffondere i temi conciliari nella Chiesa italiana e a sostenere la società italiana in un tempo di profondi cambiamenti, e quanto ha detto e fatto Papa Francesco in questo nostro tempo. Veramente l’aratro della storia ha rivoltato e sta continuando a rivoltare in profondità le zolle della realtà mondiale: lo ha iniziato a fare in maniera evidente e drammatica già a partire dall’undici settembre del 2001, ma lo ha fatto, forse in maniera veramente planetaria con la grande crisi finanziaria del 2008. Poi sappiamo cosa è accaduto. Anche in termini di crisi di valori e di visioni politiche: evidente disaffezione verso la costruzione di un mondo globalizzato, aperto anche ad auspicate possibilità di condivisioni politiche comuni tra i Popoli e tra le economie. L’aratro della storia sta rivoltando oggi le zolle della realtà: sono in crisi i sistemi democratici; è in crisi, anzi è apertamente contestata da più parti la visone politica del Multilateralismo; si affermano visoni politiche e culturali fondate su un rinascente e inquietante Nazionalismo, che si fa beffe degli Organismi Internazionali quali l’ONU o la Corte di Giustizia Internazionale; si fa sempre più invasivo il potere delle tecnologie e sembra non avere argini etici lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale; le Multinazionali e la turbo-finanza mostrano un potere così grande da essere capace di mettere in un angolo la Politica e l’Economia. L’aratro della storia, scendendo in profondità nelle zolle del mondo, porta però al Soglio di Pietro l’Arcivescovo di Buenos Aires, Josè Mario Bergoglio. È il 13 marzo 2013: l’aratro della storia scava in profondità anche nel terreno della Chiesa. L’aratro o lo Spirito santo? Ciò che emerge subito, sin dalla manifestazione di Francesco sul Loggione della Basilica di S. Pietro, è che quel Papa, il nuovo Vescovo di Roma, come si è subito definito, avrebbe messo la sua mano ferma sull’aratro della storia: come quella del contadino che, reggendo l’aratro e governando gli animali da traino, si impone con forza per drizzare il solco di una aratura che sembra evidentemente storta. Lo fa con passione, con slancio, con la forza della profezia: innanzitutto dentro il recinto della Chiesa. Lo fa con la consapevolezza dell’urgenza nel mondo intero. Lo fa perché non può non farlo, perché è un fuoco divorante quello che gli arde dentro: lo zelo per la casa del Signore lo divora. Non può fare a meno di essere profeta: perché lo è, perché la storia o lo Spirito – o entrambi – hanno scavato profondamente nel terreno della sua vita, della sua persona. Hanno scavato profondamente le esperienze di vita e, soprattutto, la visione dei poveri, delle ingiustizie, degli scartati. La storia o lo Spirito – o entrambi – hanno scavato così profondamente nella sua vita da convincerlo che per capire il mondo occorre decentrarsi, guardare tutto dalle periferie. Tutto è più leggibile dalla periferia: l’uomo, la società, il mondo (la politica e l’economia), il Creato, la Chiesa. Tutto questo è divenuto Magistero: delle parole (scritte e dette) e dei gesti. Tutto questo è stato accolto dai cuori delle persone, di molte persone, credenti e non credenti, degli ultimi soprattutto. Tutto questo è divenuto “pietra d’inciampo” per molti: per i politici innanzitutto, scavati anch’essi dall’aratro della storia, ma incapaci di leggere con profondità di intelligenza i “segni dei tempi”. Papa Francesco mette la sua mano sull’aratro della storia, invitando tutte le donne e gli uomini di buona volontà, soprattutto i giovani tra questi, a fare la stessa cosa, a
seguire il suo esempio perché l’azione dell’aratro sia governata e non lasciata al caso o, peggio, al comando del Male. Per fare questo occorre prendere decisioni importanti: lo sa bene Papa Francesco. Per questa ragione indirizza tutti alla sapienza del discernimento: risposta onesta della persona alle domande inquiete e scomode poste dalla coscienza; risposata meditata, frutto soprattutto della preghiera, fondata sulla capacità della persona di “guardare, giudicare e agire”. Lo spirito ignaziano di Francesco è presente con chiarezza. Così come quello di Francesco d’Assisi. E lo spirito del Concilio Vaticano II. Tutto questo viene riassunto nel fuoco della profezia: come i profeti della Prima Alleanza, Francesco usa parole e gesti come Isaia, come Geremia, spesso sconvolgendo, a volte coinvolgendo. L’aratro della storia affonda la lama nel terreno di un mondo che sembra arido, secco, asciutto come quei cuori che soffrono di “sclerocardia”, ma non se ne rendono conto: quanti soffrono di “sclerocardia” pensano di essere vivi, ma sono in coma. Cuori aridi e terreno arido: non si tratta solo di crisi climatica, ma anche e soprattutto di crisi dei cuori. C’è, però, un rimedio, difficile, arduo, ma potenzialmente efficace: la misericordia. Chiedere e offrire misericordia può orientare l’aratro della storia, può schiudere orizzonti di speranza a quanti, come Papa Francesco, si sono fatti “camminatori” in cerca della pace e della giustizia in nome della Verità. Mettere la propria mano sull’aratro della storia significa, in buona sostanza, nutrire ancora fiducia nell’uomo, significa avere la consapevolezza che, in fin dei conti, la Storia è saldamente nelle mani di Dio. Per questa ragione mentre “l’aratro della storia” scava “a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà” del mondo intero è lecito e doveroso continuare a sperare, facendosi camminatori e seminatori di speranza. Come Papa Francesco ha detto e fatto.