Chi è davvero egemone in Italia per oggi, per il mese prossimo, per il tempo che ragionevolmente immaginiamo breve, o tutt’al più medio? E chi ha l’egemonia culturale di lungo periodo (espressione che intimidisce)? E si può rispondere che “l’egemonia culturale è di quel tale partito” o “di quel tal altro”?
La formazione del governo di centrodestra nel 2022, conseguenza di una normale vittoria elettorale, sembrò prendere di sorpresa gran parte dell’intellettualità italiana che, pur in presenza di forti segni premonitori, non riusciva a comprendere nell’orizzonte delle cose possibili un esito simile. E i tratti che hanno caratterizzato l’evoluzione italiana del biennio seguente – prevalenza di sentimenti e pratiche improntati a egoismo e individualismo in molti campi – dividono il perimetro dei commentatori su due fronti. Per un verso si ritiene che l’incattivimento sociale, attestato dalla crescita del consenso ai provvedimenti governativi, sia una conseguenza di quel governare, che starebbe riuscendo a egemonizzare pensiero e credenze sociali. Per altro verso si tende, al contrario, a spiegare il risultato elettorale del 2022 come conseguenza di una corrosione di lungo periodo degli schemi di solidarietà, della fiducia nei sistemi di tenuta sociale, che alla lunga ha portato in una posizione di comando i gruppi che più avevano corroso proprio quegli schemi e quei sistemi di tenuta.
Dibattere tra queste due visioni, tentare di assodare che cosa è causa e che cosa è effetto, è certamente compito della politica alta. Può essere però di aiuto provare a vedere se non è forse pervenuto a vincere, in Italia, un complesso di valori e credenze precedente e sovrastante. Un complesso di automatismi nelle scelte della vita di ogni giorno che ha imposto la sua egemonia – quella vera – agli uni e agli altri.
C’è speranza: se si cerca l’intelligenza di chi ha “visto in tempo”, si trova molto. E perde senso il luogo comune secondo il quale i guasti presenti “non sono stati visti arrivare”.
La formazione di leveraggi costitutivi del sistema condiviso di valori e disvalori, leveraggi ormai immateriali che nel linguaggio contemporaneo vengono chiamati algoritmi, è stata ben vista in tempo da poche e pochi e troppo ignorata da tanti.
“In un ambiente complesso e vario come è quello di una grande città industriale, si suscitano spontaneamente gli organi di trasmissione capillare delle opinioni che la volontà dei dirigenti non riuscirebbe mai a costruire”1. E’ Gramsci che intuisce nel 1918 come la formazione delle credenze, delle opinioni, in un mondo complesso si produce per organi di trasmissione capillare dei convincimenti che sembrano sfuggire al controllo di chiunque. E dieci anni dopo è un suo coetaneo americano (sono nati entrambi nel 1891) in tutt’altra temperie che ha la stessa intuizione e però non resiste alla tentazione di dominarli, quei processi formativi del pensiero di massa: “Oggi tutto ciò che ha un’importanza sociale, che sia politica, finanza, industria, agricoltura, assistenza, istruzione o altri campi, viene fatto con l’aiuto della propaganda. La propaganda è il braccio esecutivo del governo invisibile”. E poi “La propaganda moderna è lo sforzo coerente e insistito per creare o deviare i fatti in modo da influenzare il rapporto della gente con un’impresa, un’idea o un gruppo”.2 Questo autore è Edward Bernays, il primo teorico contemporaneo della manipolazione, padre di tutti i persuasori occulti (espressione arrivata solo nel 1957 con Vance Packard) recentemente riscoperto e studiato. Categorizza già prima della Grande Crisi metodi, canali e stili della persuasione di massa, viene subito riconosciuto e ben accolto nel capitalismo e, pur coetaneo di Gramsci che morì giovane per i patimenti del carcere, visse 104 anni e ebbe il tempo di pianificare, con i suoi metodi, per le compagnie importatrici di banane in USA il colpo di stato in Guatemala nel 1954, coordinando le attività di falsa informazione a mezzo stampa e radio.
E che si formi nel XX secolo un “universo tecnologico con la possibilità di un totale annientamento” dei rapporti tradizionali e di realizzazione di “nuove forme di subordinazione (a cose, a persone, a poteri anonimi)… da parte di pianificatori dei bisogni e persuasori occulti”3 non sfugge a una mente critica di ben altra levatura morale rispetto al Bernays: è Hans Kung che lo scrive nel suo Essere cristiani del 1974.
Ma stiamo forse parlando di un complotto? Assolutamente no! E crederlo fa parte della replicazione di convinzioni omologanti che rendono le persone atomi di un flusso di opinioni protettive dello status quo. Un flusso frastornante di persuasione, giudizi grezzi, sospetti e convinzione di impotenza che protegge l’omeostasi del sistema sociale e genera l’egemonia del “così com’è”, l’abbandono all’ineluttabilità di un verificarsi determinato sempre altrove e lontano dalle persone che lo subiscono. E’ infine una donna, Maria Maddalena Mapelli, a tornare sulla forza persuasiva del discorso pubblico insistito, potenziato dal trasporto sui social, che lo rendono definitivamente “persuasivo, nel senso che induce comportamenti automatici e prevedibili (ci vogliono, appunto, tutti veri e social) e al tempo stesso omologante, nel senso che induce, in noi utenti, assetti identitari, modalità di iterazione e di narrazione, regimi di visibilità che ci rendono seriali e simili”4.
E dunque: organi di trasmissione capillare (Gramsci) che diventano sforzi coerenti e insistiti per deviare i fatti (Bernays) identificati come persuasori occulti (Kung) e da ultimo elevati a potenza dai social (Mapelli). Siamo sicuri che l’egemonia culturale sia di uno qualunque dei partiti sulla scena italiana?
1 Antonio Gramsci (1891 – 1937), su Il Grido del Popolo, 25 maggio 1918 – Da A. Gramsci Scritti Politici – Editori Riuniti 1967 pag. 139.
2 Edward Louis Bernays (1891 – 1995), Propaganda – Titolo originale Propaganda (1928) – Shake Edizioni 2020 pagg. 31 – 35.
3 Hans Kung (1928 -2021), Essere cristiani – Titolo originale Christ Sein (1974) – Rizzoli 2012 pag. 43.
4 Maria Maddalena Mapelli (vivente), Per una genealogia del virtuale. Dallo specchio a facebook –
[economista – dottore in filosofia]