Il Vangelo odierno: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». (Lc 20, 27-38 – domenica XXXII TO/C).
5 novembre 2022. Saranno gli eventi della vita o il veder morire chi ci è più caro o il passare degli anni… ma credo che sia così naturale pensare alla morte, altrui e propria. Direbbe Carl Gustav Jung: «Un uomo che non si ponga il problema della morte e non ne avverta il dramma, ha urgente bisogno di essere curato».
Ci sono tante cose difficili da credere nella nostra fede: la resurrezione dai morti, l’esistenza dell’al di la, l’esistenza degli angeli. Siamo spesso presi da dubbi, specie quando parliamo di risurrezione. Ci sono sempre stati – e ci saranno – quelli che, come i sadducei, “dicono che non c’è risurrezione”. Niente di così sorprendente: la resurrezione pone molti problemi, non solo ai non credenti, ma anche agli stessi credenti, come i sadducei. I motivi della limitata, se non proprio assenza di fede nella resurrezione sono tanti, tantissimi. Se si è onesti bisogna che ci crediamo, anche se è difficile. Senza cercare delle scuse come i sadducei per non credere, per alcuni aspetti anche ridicole: “La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”.
La risposta di Gesù è un invito ad aprire la mente: non possiamo giudicare la vita che verrà basandoci sull’esperienza quotidiana, fosse anche quella bella e profonda del matrimonio. Ma non solo. Gesù, citando Mosè, cerca di aprire la mente degli interlocutori invitandoli a considerare che “Dio non è dei morti, ma dei viventi”. Ed è qui un punto nodale. Dio è morto – come canta Guccini – in tante situazioni che noi abbiamo chiuso a qualsivoglia annuncio di speranza e rinascita. Dio è morto perché l’abbiamo fatto morire. Forse si dovrebbe ripercorrere le tappe di vita personale, specie le più significative, per individuare quando e come abbiamo fatto morire il buon Dio. E la conseguenza di tutto ciò è spesso stata il nostro titubare o negare la risurrezione di Gesù, come i sadducei, insistendo su futili motivi.
Ma c’è un altro aspetto da meditare: Dio è “dei viventi; perché tutti vivono per lui”. Sembra che il vivere per Lui sia condizione indispensabile e necessaria per incontrarlo e scoprirlo come il Vivente. Del resto la vita non si dice ma si fa. E se il nostro vivere è autentico, non solo dal punto di vista morale, ma anche fisico, intellettuale, emotivo, relazionale, il Dio Vivente è in noi e noi siamo suoi. E se “viviamo e moriamo, rimanendo del Signore” (Rm 14, 8) troviamo la nostra pace e serenità.
Ha scritto Theilard De Chardin: “Superiamo la morte, scoprendovi Dio. E il Divino si troverà, per il fatto stesso, insediato nel cuore del nostro essere, nel intimo recesso che pareva potergli sfuggire”.
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari; altri info]