Di gradino in gradino verso la gloria, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti
(Mc 9, 2-10 – II Quar. B).

Partiamo dall’inizio. Gesù porta i discepoli “su un alto monte, in disparte, loro soli”. Li si trasfigura davanti a loro. Al termine ordina loro di “non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti”. Sembra che il Signore abbia in mente un piano ben preciso. Quella della trasfigurazione è solo una tappa.

I commentatori danno a questo evento un valore pedagogico: il Signore ha voluto confortare i suoi, ha voluto dare loro un’anticipazione della bellezza del rapporto con Lui, prima di immergersi nella passione e morte, con tutti i suoi limiti e difficoltà. Se questa è la pedagogia divina significa che essa assume un valore anche per la nostra vita. In altri termini il buon Dio non ci toglie mai completamente dai nostri guai, che è forse ciò che vorremmo, ossia un miracolo risolutore di tutti i problemi che abbiamo. Dalle malattie gravi personali alla guerra e cosi via. Ci guida, invece, attraverso questi a raggiungere la nostra meta, o meglio la sua meta che è il Regno. Per dirla con una metafora: saliamo la scala della vita con diverse gioie e anche diverse prove. Quando siamo nella prova vorremmo che il Signore ci facesse volare fino al pianerottolo più vicino, saltando i gradini dolorosi e aspri. Ma non è cosi. Dio ci aiuta a salire anche quei gradini, con la sua forza e la sua tenera vicinanza.

C’è un’espressione di Paolo molto pregnante che ci aiuta in questa riflessione: “di gloria in gloria”. Ecco il passo: “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2 Cor 3, 18). Questo riflettere la gloria del Signore “in uno specchio” ci fa capire l’imperfezione, la precarietà della nostra vita. Negli specchi dell’antichità, fatti di metallo, l’immagine non era nitida, i contorni vaghi, quindi qualcosa di non molto chiaro. Eppure, nonostante tutto, lo Spirito del Signore ci guida di “gloria in gloria”, di piccole trasfigurazioni in trasfigurazioni verso una pienezza, di gradino in gradino. E queste ci sono anche in questo brutto periodo di guerre e crisi socio-economica. 

Il Signore ci guida per gradi verso di Lui: dire per gradi vuol dire che usa una particolare pedagogia. Ci fa stare un po’ sul monte per confortarci, poi ci riporta giù nel pieno della vita e dei problemi. Dobbiamo essere docili. E più che stare a chiedere miracoli risolutivi, dovremmo chiedere di moltiplicare i momenti di conforto. E tanta pazienza…Di questi ha parlato Etty Hillesum, nel suo Diario, scritto durante la seconda guerra mondiale:

“A volte devo chinare il capo sotto il gran peso che ho sulla nuca, e allora sento il bisogno di congiungere le mani, quasi in un gesto automatico, e così potrei rimaner seduta per ore – so tutto, sono in grado di sopportare tutto, sempre meglio, e insieme sono certa che la vita è bellissima, degna di essere vissuta e ricca di significato. Malgrado tutto. Il che non vuol dire che uno sia sempre nello stato d’animo più elevato e pieno di fede. Si può esser stanchi come cani dopo aver fatto una lunga camminata o una lunga coda, ma anche questo fa parte della vita, e dentro di te c’è qualcosa che non ti abbandonerà mai più”.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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