Davvero è prematuro formulare qualsiasi tipo di valutazione di merito sulla nuova inchiesta che sta terremotando in queste ore il panorama politico. Dalla Liguria, infatti, il caso-Toti sbarca nel cuore del potere romano, essendo il governatore, ex giornalista Mediaset, un ingranaggio non secondario del centrodestra nazionale. La bussola del garantismo, da utilizzare sempre e non a corrente alternata, deve orientare alla prudenza ogni tipo di osservazione. Ancora di più alla luce delle modalità molto eclatanti con cui sono avvenuti gli arresti.
Se “garantismo” è una parola-chiave, l’altra è “anticorpi“. Le inchieste giudiziarie su fatti corruttivi si stanno moltiplicando. A Bari e in Puglia sono rivolte verso personalità che fanno o facevano parte dei governi locali di centrosinistra. Ad Avellino la bufera giudiziaria riguarda soggetti “civici“. Nel napoletano appena ieri sono stati eseguiti arresti per scambio elettorale politico-mafioso. Insomma, un quadro che preoccupa e che richiede l’avvio di una riflessione seria sulle cause.
Si diffonde la sensazione che si stiano riducendo ulteriormente gli “anticorpi” nella politica, soprattutto a livello territoriale, e ciò a prescindere dagli esiti delle vicende processuali. I motivi possono essere svariati: dal nodo ormai atavico della qualità e formazione della classe dirigente alla luce della crisi dei partiti alla contrazione della partecipazione, che ha come effetto perverso quello di diminuire la “controllabilità” dell’azione amministrativa.
Il timore è che in un clima di indifferenza e disinteresse, che si concretizza nei tassi di astensionismo, chi accede nella “stanza dei bottoni” senta ben poco il fiato sul collo dei cittadini e delle stesse opposizioni, che in molte circostanze non rappresentano una reale alternativa.
Una riflessione va fatta anche sul clima in cui vengono accolte le notizie inerenti le nuove inchieste giudiziarie: se qualche anno fa avrebbero scatenati moti – anche strumentali e populistici – di rabbia e protesta, oggi cadono a terra quasi senza fare rumore. Come se i cittadini fossero tristemente abituati a un eterno ritorno delle stesse dinamiche.
Dal punto di vista politico, il primo dato è invece piuttosto basico: per il centrodestra che aveva investito comunicativamente sulla crisi del sistema Bari-Puglia, il terremoto ligure rappresenta un contrappasso. Ora sono Fdi, Lega, Fi e moderati a dover rispondere delle accuse che sino a pochi giorni fa rivolgevano alle amministrazioni guidate da Pd e M5s.
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