La presidente Meloni, il 9 marzo, scopre una targa nell’atrio del comune di Cutro (Kr); il cui testo recita: “I trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita, di tanti innocenti! I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte! Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti.
Papa Francesco, 5 marzo 2023
L’Italia onora la memoria delle vittime del naufragio del 26 febbraio 2023 e si unisce al dolore delle loro famiglie e dei loro cari.
Il Governo italiano rinnova il suo massimo impegno per contrastare la tratta di esseri umani, per tutelare la dignità delle persone e per salvare vite umane”.
C’è da restare allibiti. La presidente dell’Esecutivo di un Paese laico, cita il capo di uno Stato estero (Stato Città del Vaticano) in una targa commemorativa che vuole “rinnovare” un particolare impegno del suo Governo. Che io ricordi non succedeva neanche nel periodo fascista. In poche parole il papa è ridotto a “cappellano” di un Governo e citato in maniera poco corretta, perché estrapola un concetto da un discorso più ampio e pregnante.
Già la Meloni aveva dichiarato: “Facciamo nostre le parole del Papa: Fermare i trafficanti” (Ansa, 6.3.23). Perché il Governo fa proprie alcune parole del papa e non le altre? Per esempio: la “economia che uccide” (EG, 53); la “gratuità nell’accogliere tutti” (FT, 139); la “ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga a attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare” (19.2.19) e tantissimi altri interventi.
Quindi per l’ennesima volta sono citazioni strumentali e offensive della persona del papa, che, oltre che capo di Stato, è anche pastore della comunità cattolica universale e va rispettato per il suo alto e profetico magistero, men che mai strumentalizzato in una vicenda politica cosi complessa e dolorosa.
Del resto la Repubblica Italiana (art. 7 Cost. e testi della riforma del Concordato), dalla sua parte, e la Chiesa Cattolica dalla sua, specie dal Vaticano II (GS, 74) in poi, hanno sempre concepito il rapporto Stato-Chiesa in un’ottica di rispetto reciproco dell’autonomia e dell’azione di entrambi, congiuntamente a uno spirito di collaborazione per realizzare sempre meglio il bene di tutti, singoli e gruppi.
L’Angelus, citato in parte nella targa, si conclude con un invito: “Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere”. Il papa ovviamente parlava a tutti. L’amarezza, come cittadini e cristiani (per chi lo è), è constatare come, nel mondo, sono in parecchi a capire poco e a far finta di piangere.
Rocco D’Ambrosio, presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari
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