“Così tutte le forme di illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci – come spiegava Italo Calvino, nel 1980, in La coscienza a posto – si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto”. La Regione Puglia è uno di questi sistemi? Sembrerebbe di si, viste le diverse irregolarità e presunti reati, che alla base hanno – direbbero i latini – un pactum sceleris, ovvero un “patto di scelleratezza” o meglio un “patto per il delitto”, che può essere di sinistra come di destra. Al potere giudiziario spetta il dovere di procedere come Costituzione e leggi comandano; ai cittadini e alle altre istituzioni di interrogarsi sul fatto. E qui si pone il primo rilievo: la corruzione indigna sempre meno. In ampi strati dell’opinione pubblica è ritenuta “normale”. La si tratta come un raffreddore passeggero: essa è, invece, una vera e propria bronchite cronica; in altri termini un sistema perverso, una trama accattivante, un male pervasivo (cf. R. D’Ambrosio et Al., La corruzione: attori e trame).
Essa, infatti, non è la semplice somma di atti illegali e immorali, ancora per Calvino, è un “sistema stabile, compatto e coerente”; per papa Francesco “uno stato personale e sociale, nel quale uno si abitua a vivere”. Suoi ingredienti sono fattori di diversa natura quali: “centri di potere – sempre Calvino – mezzi finanziari smisurati, favoritismi, finanziamenti illeciti, illegalità, tangenti, complicità passiva, cattiva amministrazione della cosa pubblica, impunibilità, associazioni a delinquere di tipo tradizionale, sequestri di persona, svaligiamenti di banche, organizzazioni del terrore, presunzione di essere il miglior sistema possibile”. La lista è lunga e, purtroppo, nella Regione Puglia, il numero dei “fattori” sembra aumentare più che diminuire.
I due mandati della presidenza Emiliano sono segnati da atti discutibili, politicamente ed eticamente: un continuum dove attività istituzionale e di partito, relazioni con imprenditori e attori istituzionali sono confuse e intrecciate tanto da non poterle distinguere per natura e finalità. Con una squadra di assessori che non brilla tanto, la presidenza Emiliano nomina persone in ruoli strategici, rinforzando trame fitte con dubbi personaggi, siano essi politici o pubblici amministratori o imprenditori. Ovviamente non parlo di elementi penalmente rilevanti (del resto non compete a me stabilire se lo siano o meno), ma si tratta, comunque, spesso di scelte personali e politiche, dal punto di vista etico, fortemente discutibili. La lotta alla corruzione passa prima di tutto dall’adottare criteri ineccepibili nelle scelte politiche e amministrative: come Weber insegnava i politici devono sempre “rispondere delle conseguenze prevedibili delle loro azioni”. Ciò significa rispondere anche di sé e dei propri collaboratori, sul perché sono stati scelti e su chi ha vigilato su di loro.
Se non si fa questo si contribuisce a creare una zona d’ombra dove la corruzione ha il terreno fertile per attecchire, ramificarsi e crescere. La storia evangelica si ripete: la zizzania si insinua tra il grano in mille modi. E invece di indignarsi davanti a questo spettacolo, ci ritroviamo con un assordante silenzio, della maggioranza come dell’opposizione, sui fatti accaduti. Il non schierarsi, l’ambiguità possono, anch’essi, diventare terreno fertile per la corruzione e per la perdita di fiducia dei cittadini (compreso il non voto).
Servire un’istituzione – espressione così spesso usata da diventare retorica stucchevole – non vuole dire tacere o parlare, operare o astenersi solo se il consenso elettorale cresce. Servire un’istituzione vuol dire amarla, spendersi per essa con “disciplina, onore e imparzialità” (Costituzione artt. 54 e 97), rispettare la legge, parlare meno e lavorare duro nel portare frutti di bene pubblico, evitare autoreferenzialità e vanagloria, allontanare i corrotti e promuovere chi fa il bene, saper lasciare quando è giunto il tempo. La Puglia ne ha avuti di esempi fulgidi, purtroppo con pochissimi imitatori tra i politici di oggi. Due per tutti: Aldo Moro (1916-1978) e Nicola Occhiofino (1937-2011).
- pubblicato in “la Repubblica – Bari” del 12 feb 2023
- Rocco D’Ambrosio, presbitero, docente di filosofia politica, P. Università Gregoriana, Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari.