Che cos’è il protocollo Albania, come funziona, perché mette contro giudici e Governo, di Elisa Chiari

Tutto è cominciato nel novembre 2023, quando i due capi del Governo italiano e albanese hanno firmato un accordo con l’obiettivo dichiarato di alleggerire l’hotspot di Lampedusa, trasferendo i migranti tratti in salvo da navi italiane (Marina militare e Guardia di Finanza non Ong) nel Mediterraneo in due centri costruiti sul territorio albanese a spese dell’Italia e sotto la giurisdizione italiana ma con la collaborazione dell’Albania per sicurezza e sorveglianza.
I due centri hanno funzioni diverse: uno presso il porto albanese di Shengjin, alla latitudine di Bari,  serve per le procedure di sbarco e identificazione; l’altro nell’area di Gjader, 20 chilometri nell’entroterra, per l’accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare, sul modello dei Cpr. All’Albania sono destinati i migranti uomini che non hanno vulnerabilità particolari, che possono fare richiesta di asilo, ma hanno poca probabilità che venga accolta, perché provengono da “Paesi sicuri”, gli unici casi che secondo le norme europee possano accedere a richiesta con procedura accelerata (durata 28 giorni). L’operazione ha generato consensi da parte di chi sostiene il Governo, il dissenso di chi vi vede una forzatura in tema di diritti, ma anche polemiche trasversali per i suoi costi elevati.

STATO DI FERMO E LEGGI EUROPEE
Una volta giunti in Albania, trasportati con la Libra, una nave militare della Marina italiana, vengono trattenuti in stato di fermo, un provvedimento che richiede entro 48 ore la convalida da parte del giudice. Su questo nodo si è inceppato il primo trasferimento in Albania, di 16 migranti bengalesi ed egiziani, nell’ottobre scorso. Quattro dei sedici migranti non potevano rimanere in Albania perché soggetti vulnerabili (due erano minorenni). Gli altri sono dovuti rientrare perché giudicati provenienti da Paesi per i quali non si poteva applicare la procedura accelerata.

QUALE LEGGE PREVALE?
Per capire la questione occorre fare un passo indietro: occorre prima di tutto sapere che le norme non sono tutte uguali, hanno una gerarchia: leggi ordinarie, decreti legge e leggi regionali hanno pari grado tra loro, ma devono rispettare la Costituzione che nella gerarchia le sopravanza, tanto è vero che, una volta approvate, su ricorso del giudice ordinario, se dichiarate in tutto o in parte incostituzionali dal giudice delle leggi, ossia la Corte costituzionale o Consulta, sono abrogate in tutto o in parte.
In base all’articolo 11 della Costituzione, l’Italia facendo parte dell’Unione Europea ha concesso all’Unione una parte di sovranità e soggiace alle leggi dell’Ue, che valgono per tutti i Paesi Ue e che servono a uniformarne il diritto in alcuni temi e che i giudici sono tenuti in modo vincolante ad applicare.
Il particolare le procedure per la protezione internazionale sono regolate dalla direttiva 2013/32/UE, che stabilisce tra le altre cose quali siano le situazioni per le quali sono possibili le procedure accelerate di cui si parlava sopra. Uno dei requisiti prevede che possono essere esaminate così le domande di richiedenti asilo che provengono da Paesi sicuri.

LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA E IL DECRETO ITALIANO
Proprio a proposito di definizione di Paesi sicuri, il 4 ottobre 2024, una sentenza della Corte di Giustizia Europea (Cgue) di Lussemburgo, le cui sentenze sono direttamente vincolanti per i Paesi membri, ha chiarito che per gli Stati dell’Ue non possono essere ritenuti sicuri Paesi di provenienza che siano tali solo in parte, perché lo sono soltanto per alcune categorie di persone escludendone altre. In caso di contrasto con il diritto interno i giudici di tutta Europa sono tenuti a disapplicare le leggi nazionali a favore del diritto europeo. È quanto accaduto in Italia con i primi 12 migranti trattenuti in Albania, provenienti da Bangladesh ed Egitto. Le ordinanze dei giudici, in questo senso non entrano nel merito delle politiche migratorie e nemmeno del protocollo Albania, si limitano a valutare com’è loro richiesto se ci siano o meno i requisiti legali per la convalida dei fermi in base alle norme europee.
Per superare l’impasse il 24 ottobre 2024 il Governo italiano, dopo aver accusato per parte di alcuni suoi membri i giudici di agire contro il Governo, ha varato un decreto Legge per dichiarare sicuri 13 Paesi tra cui Egitto e Bangladesh, con un atto che nella gerarchia normativa è fonte primaria, superiore cioè al decreto interministeriale che stabiliva prima quali fossero i Paesi sicuri secondo il Governo italiano, ma comunque alla pari della legge e quindi non in grado di per sé di sopravanzare il diritto europeo. Con il Decreto “Paesi sicuri” l’Italia ha provato ad anticipare l’orientamento di un prossimo regolamento europeo annunciato per il 2026, per questo alcuni giudici italiani, richiesti di convalida dei fermi dopo la sua entrata in vigore, sapendo che una norma interna anche di rango primario, in caso di contrasto, deve cedere rispetto al diritto europeo, nel dubbio rispetto a come comportarsi nel frattempo – stretti tra una norma europea che non c’è ancora e un decreto italiano che la anticipa – hanno fatto ricorso alla Corte europea di Lussemburgo per capire quale diritto fosse corretto applicare. È quanto sta accadendo nuovamente in queste ore con gli altri 7 migranti trasportati in Albania.

PERCHÉ I GIUDICI CHIEDONO LUMI ALLA CORTE EUROPEA
Chiedere lumi alla Corte, anziché disapplicare direttamente, cosa che dovrebbero fare in caso di contrasto, è una scelta di garanzia per non far incorrere l’Italia in procedure di infrazione, ma il Governo continua a interpretarlo come un atto politico contro le proprie decisioni. Come i giudici stessi hanno chiarito, il ricorso comporta non una pronuncia sulle richieste di convalida, ma una sospensione,  che non impedirebbe comunque poi il rimpatrio nel caso in cui la domanda di protezione internazionale fosse respinta
Questo fatto sta generando tensione con la magistratura e anche con l’unione europea, anche perché diversi giudici civili, che pure in questa circostanza agiscono collegialmente, sono stati attaccati singolarmente comeavversari” da esponenti del Governo, anche sul piano personale e alcuni sono stati subissati di minacce e finiti sotto scorta, cosa che potrebbe interferire sulla serenità delle decisioni loro e di chi dovrà decidere in circostanze simili dopo di loro.

famigliacristiana.it/articolo/che-cos-e-il-protocollo-albania-come-funziona-perche-mette-contro-giudici-e-governo.aspx

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