Si nota un importante cambiamento nel panorama delle forniture militari. A partire dall’aumento significativo degli acquisti da parte dell’Europa. Con circa il 55% delle importazioni totali nel periodo 2019-23 arriva dagli Stati Uniti, rispetto al 35 per cento nel periodo precedente. I dati provengono dall’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (Sipri), secondo il quale tale tendenza è dipesa da due fattori.
La dipendenza crescente dell’Europa dagli Stati Uniti per il loro arsenale. E anche la volontà dell’Europa di alimentare ulteriormente l’industria militare, con il Vecchio Continente che è già responsabile di circa un terzo delle esportazioni globali. Il rapporto commerciale tra Europa e Stati Uniti è alimentato da molteplici considerazioni, incluse la volontà di mantenere salde le relazioni transatlantiche, assieme a considerazioni tecniche e finanziarie. Ma non è detto che ciò non possa subire cambiamenti se gli equilibri geopolitici dovessero mutare nei prossimi anni.
Gli Stati Uniti aumentano le esportazioni di armi
L’ultimo quinquennio 2019-2023 vede le esportazioni di armi da parte degli Stati Uniti in crescita del 17% rispetto al quinquennio 2014-2018. La quota americana sul totale dell’export globale sale così dal 34 al 42%. In tale periodo, le aziende a stelle e strisce hanno fornito armi a 107 Stati diversi, più di quanto abbiano mai fatto in qualsiasi altro periodo storico. E molto più di qualsiasi altro Paese esportatore di armi.
Sempre negli stessi anni, gli Stati Uniti e l’Europa occidentale insieme hanno rappresentato il 72% di tutte le esportazioni di armi. Un dato in sensibile crescita rispetto al 62% del quinquennio 2014-2018. Inoltre, per la prima volta in 25 anni, gli Stati Uniti sono risultati il principale fornitore di armi di Asia e Oceania. Rappresentando il 34% delle importazioni nella macro-regione, rispetto al 19% della Russia e al 13% della Cina.
«Gli Stati Uniti hanno consolidato il loro ruolo globale come fornitori di armi, un aspetto centrale nella loro politica estera», ha dichiarato Mathew George, direttore del programma di trasferimento di armi del Sipri. «Ciò avviene in un momento in cui il dominio economico e geopolitico degli Stati Uniti è messo in discussione dalle potenze emergenti».
E la Francia li segue a ruota
Anche le esportazioni di armi della Francia sono aumentate enormemente, in questo caso del 47% nel quinquennio 2019-23 rispetto ai cinque anni precedenti. La nazione europea diventa così – per la prima volta – il secondo maggior esportatore di armi al mondo. Appena davanti alla Russia. La maggior parte delle esportazioni transalpine (42%) è andata a Stati dell’Asia e dell’Oceania. Mentre un altro 34% ha raggiunto i Paesi del Medio Oriente.
Il principale destinatario singolo delle esportazioni di armi francesi è stato l’India, con il 30%. Mentre in generale l’aumento delle esportazioni di armi transalpine è stato in gran parte dovuto alle consegne di aerei da combattimento alla stessa India, assieme a Qatar ed Egitto. «La Francia sta approfittando dell’opportunità della una forte domanda globale per promuovere la propria industria delle armi attraverso le esportazioni», ha dichiarato Katarina Djokic, ricercatrice del Sipri.
Il pessimo record dell’Italia
Guardando agli altri primi dieci esportatori di armi – dopo gli Stati Uniti, la Francia e la Russia – altri due stati hanno registrato enormi aumenti. Si tratta dell’Italia (+86%) e della Corea del Sud (+12%). Mentre cinque hanno fatto segnare delle diminuzioni: la Cina (-5,3%), la Germania (-14%), il Regno Unito (stesso calo), la Spagna (-3,3%) e Israele (-25%).
«La spesa militare globale è quasi raddoppiata negli ultimi venti anni. Non è dunque un caso che anche il commercio di armamenti abbia subito un trend di crescita chiaro, dopo il punto di minimo toccato alla fine del secolo scorso», scrive Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo, su il Manifesto. E l’Italia dove si colloca, in questo quadro? «Due sono gli elementi chiave da trarre dal +86% di balzo registrato», continua Vignarca.
«Il primo è la conferma della stessa, problematica, direzione di vendita: il 71% delle esportazioni di armi italiane degli ultimi cinque anni è finito in Medio Oriente. Il secondo è la chiara smentita delle motivazioni date dal governo e dalla lobby dell’industria militare alla proposta di peggioramento della legge 185/90: non è vero che le aziende italiane delle armi siano più controllate e quindi fragili rispetto alla concorrenza. Gli affari armati vanno già molto bene, ma chi li controlla non vuole che siano visibili. Motivo in più per sostenere la grande mobilitazione promossa dalla società civile per mantenere trasparenza sul commercio di armi».
Con la guerra in Ucraina raddoppiate le importazioni in Europa
Abbiamo esaminato le esportazioni di armi, ora concentriamoci sulle importazioni. Nei Paesi europei sono aumentate del 94% nel periodo 2019-23 rispetto precedente quinquennio. Negli ultimi cinque anni, l’Ucraina è emersa come il principale importatore in Europa. E il quarto a livello mondiale, beneficiando dell’assistenza militare fornita da almeno 30 nazioni a partire dall’inizio del conflitto con la Russia.
«Con molte armi ad alto valore ordinate, inclusi quasi 800 aerei ed elicotteri da combattimento, le importazioni di armi europee sono destinate a rimanere a un livello elevato», osserva Pieter Wezeman, ricercatore senior del Programma di trasferimento di armi del Sipri. Secondo il quale, «negli ultimi due anni abbiamo visto anche una maggiore domanda di sistemi di difesa aerea in Europa. Stimolata dalla campagna missilistica della Russia contro l’Ucraina».
L’India è il maggior importatore di armi al mondo
Ma come abbiamo visto prima, è l’India che si aggiudica il titolo di maggior importatore di armi al mondo (e la Russia il principale fornitore, con il 36%, nonostante per la prima volta dagli anni Sessanta sia scesa al di sotto della metà). Nonostante una diminuzione complessiva del 12% delle importazioni nella regione Asia-Pacifico, quelle dello Stato indiano sono aumentate del 4,7% nel confronto tra il quinquennio 2014-18 e quello 2019-23.
Anche il Pakistan ha aumentato significativamente l’import di armi (+43%), diventando il quinto maggiore importatore di armi nel periodo 2019-23. L’82% delle sue forniture provengono dalla Cina. E sempre da quest’ultima sono cresciute quelle verso Giappone (+155%) e Corea del Sud (+6,5%). La Cina sta infatti rafforzando sempre di più il suo ruolo di esportatore. Mentre diminuiscono le sue importazioni (-44%), per via della sostituzione di armi russe con sistemi locali.
«Non vi è alcun dubbio che i livelli sostenuti di importazioni di armi da parte del Giappone e di altri alleati e partner degli Stati Uniti in Asia e in Oceania siano in gran parte guidati da un fattore chiave: la preoccupazione per le ambizioni della Cina», ha dichiarato Siemon Wezeman, ricercatore senior del Sipri.
Sempre più armi anche in Medio Oriente
I dati raccolti dal Sipri mettono inoltre in evidenza la concentrazione di armamenti in Medio Oriente. Nonostante un calo complessivo, il 30% dei trasferimenti internazionali di armi resta stato destinato infatti a questa regione nel periodo 2019-23. Tra i primi dieci importatori del mondo ci sono l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Egitto. La prima ha rappresentato il secondo maggiore importatore di armi al mondo nel periodo 2019-23, ricevendo l’8,4% delle forniture globali.
Il Qatar, inoltre, ha aumentato gli acquisti di armi del 396%, diventando il terzo maggiore importatore di armi al mondo nel periodo 2019-23. Fino al 2023, Israele ha importato armi principalmente da due Paesi: Stati Uniti (69%) e Germania (30%). Mentre in generale la maggior parte delle forniture militari in Medio Oriente provengono dagli Stati Uniti (52%). Seguiti dalla Francia (12%), dall’Italia (10%) e dalla Germania (7,1%).
«Nonostante una diminuzione complessiva, le importazioni di armi nel Medio Oriente rimangono elevate in alcuni Stati, guidate da conflitti e tensioni regionali – ha concluso Zain Hussain, ricercatore del Sipri -. Le armi importate negli ultimi dieci anni sono state ampiamente utilizzate nei conflitti della regione. Inclusi quelli a Gaza, Libano e Yemen. Alcuni Stati nella regione del Golfo hanno importato grandi volumi di armi per utilizzarle contro gli Houthi in Yemen e per contrastare l’influenza iraniana».
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