Dopo lo scontro alla Casa Bianca fra Trump con il suo vice J.D. Vance e il leader ucraino Zelensky, Anne Applebaum, storica, vincitrice di un Pulitzer e firma della rivista The Atlantic, ha detto a caldo in tv che «si sentiva la presenza di Putin in quella stanza»: «Putin ha una visione del mondo nutrita dal fatto che lui e i suoi colleghi del Kgb bruciavano documenti mentre il resto del mondo celebrava la caduta del muro di Berlino. Vuole una riduzione dell’influenza degli Stati Uniti nel mondo, vuole ripristinare il potere russo in Europa e vuole che la Russia sia di nuovo una superpotenza. E vede in Trump la possibilità che finalmente il suo sogno si realizzi. Anche Trump ha una visione dei rapporti con la Russia, basati forse su accordi economici, e immagina una cerimonia in cui lui, Putin e forse Xi Jinping firmano un accordo e si dividono il mondo. E questo coincide con quello che vuole Putin». Applebaum, in questa lunga intervista, ci dice che l’Europa deve «trovare nuovi modi per vivere nel mondo che un’America molto diversa sta iniziando a creare».
Qual è il futuro della democrazia liberale?
«La democrazia liberale ha un futuro. Solo che non è chiaro se gli Stati Uniti saranno una democrazia liberale o se le guideranno. È vero anche che alcuni dei piani attuali potrebbero fallire: il tentativo di dominare l’amministrazione federale sta già creando enormi reazioni negative. Ed è vero che non abbiamo ancora sentito qual è il piano per porre fine alla guerra in Ucraina».
Nel suo libro del 2020 il «Tramonto della Democrazia» lei osservava tendenze illiberali in Europa dell’Est che si stavano manifestando in America. E adesso?
«Credo che Donald Trump sia molto più radicale, in politica interna ed estera, di qualunque cosa abbiamo visto in Europa. Ed è sbagliato pensare che sia un conservatore. Non credo neppure che “destra” sia la definizione giusta. È molto diverso da Giorgia Meloni o da Marine Le Pen. È radicale, le persone intorno a lui sono motivate da teorie cospirative e dal desiderio di distruggere il sistema politico esistente. In politica interna c’è il dipartimento per l’efficienza governativa di Elon Musk, che non ha nulla a che fare con l’efficienza. Quel che sta facendo è terrorizzare le persone che lavorano per il governo e spingerle a dimettersi per sostituirle con fedelissimi. Musk e il suo team di ingegneri stanno diventando amministratori del sistema di dati della burocrazia. Non sappiamo che cosa ne faranno, se vogliono venderli o usarli per gli affari. Victor Orbán ha preso il controllo di interi dipartimenti statali in Ungheria, idem Hugo Chavez in Venezuela, ma non ho mai sentito di un partito politico che prende il controllo del sistema di dati del governo mettendoli nelle mani di un privato. Alcune delle istituzioni e delle persone che Musk sta attaccando hanno cercato di regolamentare le sue aziende. Siamo al di là di un normale conflitto di interessi. Non è un uomo d’affari che fa lobbying per cambiare le leggi. È un uomo d’affari che cambia la legge, le istituzioni e il personale in modo da trarne diretto beneficio. Non ho mai visto niente di simile in una democrazia sviluppata. I cinesi hanno sistemi per monitorare i cittadini su internet, ma sono una dittatura, da molti decenni».
E sul piano internazionale?
«La politica estera è una immagine speculare di quella interna. Dopo aver dato l’impressione di voler far pressione sulla Russia, Trump si è allineato con Mosca contro l’Ucraina, almeno dal punto di vista retorico. Non sappiamo che accordo stia pianificando ma sta attaccando l’Ucraina usando il linguaggio dei propagandisti russi. Ci sono molte speculazioni sul perché, non lo sappiamo. Allo stesso tempo è stato chiesto agli ucraini il 50% dei proventi di tutte le loro risorse naturali in cambio di nulla: ricorda il Trattato di Versailles imposto alla Germania dopo la Prima guerra mondiale. Questo mentre Musk e Vance in modi diversi hanno appoggiato l’Afd, il partito pro-russo in Germania. Ci sono molte implicazioni per l’Europa: se Trump si allinea con Putin contro l’Europa, questo cambia molte cose. Cambia la Nato. Significa che gli Stati Uniti sono in realtà un nemico dell’Unione europea e cercheranno di dividerla. Certamente ha messo in dubbio le garanzie di sicurezza della Nato. Che cosa significa nel lungo periodo? Non lo sappiamo… e mi fermo qui».
Quando Trump fu eletto nel 2016, molti parlarono di isolazionismo; adesso alcuni lo accusano di atteggiamento neocoloniale.
«Credo che sia quello che ha sempre voluto. Non credo che lui userebbe l’espressione “neocoloniale” ma gli piace l’idea di esercitare potere. Non gli interessa quello che chiamavamo l’ordine liberale internazionale. Non gli interessano i confini e i trattati. Vorrebbe semplicemente prendersi pezzi di territori che lo attraggono. In questo somiglia a Putin: non rispetta la sovranità degli Stati più piccoli, che si tratti del Canada o della Danimarca, di Panama o chiunque altro. È una sorta di legge del più forte: i grandi Paesi possono decidere che cosa succede, come nel XIX secolo».
Chi sono i teorici di questa nuova America?
«Ce ne sono molti. Vance è uno di loro. C’è questa sorta di movimento neo-reazionario, di cui fa parte Curtis Yarvin. E c’è Peter Thiel. Dietro tutto questo c’è un’intera scuola di pensatori reazionari e antidemocratici, che fanno podcast e sono influenti. Tucker Carlson è un altro».
C’è un’unica visione coerente?
«Direi che ce ne sono tre. C’è quello che viene chiamato a volte tecno-autoritarismo, l’idea che non abbiamo bisogno della democrazia e che il governo dovrebbe essere guidato da amministratori delegati (questo è Yarvin). Poi ci sono i nazionalisti cristiani: Patrick Deneen, docente a Notre Dame, nel libro Regime Change dice che quello americano dovrebbe essere uno Stato religioso e non secolare. Il terzo gruppo è guidato da Steve Bannon».
Lei ha scritto sull’Atlantic che per ottant’anni le alleanze dell’America con le altre democrazie sono state il pilastro della politica estera, commerciale e culturale degli Stati Uniti. E adesso?
«Stanno distruggendo sistematicamente tutti i programmi americani pro-democrazia in Africa, America Latina, Ucraina, Moldavia per aiutare a tenere elezioni o appoggiare i media indipendenti. E forse questa non è la parte più visibile della democrazia americana, ma in molti luoghi è assai importante. Faceva parte della visione di costruzione delle alleanze e dell’influenza stessa dell’America all’estero, in Europa e in Asia. Se abbatti tutto questo, in un certo senso il ruolo dell’America nel mondo crolla. Non sembrano volere che l’America difenda la democrazia o sia identificata con l’idea di democrazia e libertà, né che sia leader di una grande alleanza democratica. Non gli interessa».
Si torna alle «sfere di influenza» sul modello post-Yalta?
«Si tratta di qualcosa di più primitivo e allo stesso tempo più sofisticato. C’è anche un elemento di cleptocrazia. I Realisti parlavano di politica delle grandi potenze. Questa gente pensa anche ai soldi. Musk ha molti interessi nel mondo, in Cina, forse in Russia. E non so se sta facendo tagli per favorire i suoi affari, ma se lo fa allora anche la politica estera americana va vista in modo completamente diverso».
L’Europa deve pensare di andare avanti da sola con i suoi valori, senza l’America? È possibile?
«A me è chiaro dal 2016 che l’Europa deve iniziare a pensare in questo modo. Il punto non è se sia possibile, potrebbe non aver scelta. Potrebbe anche rivelarsi un enorme vantaggio per l’Europa».
Incontrando Starmer, Trump ha ribadito l’impegno Usa per l’articolo 5 della Nato. Lei non arriva a predire la fine della Nato…
«È presto, molte cose possono accadere. Ma è chiaro che gli europei devono essere più preparati. Serve un meccanismo di sicurezza europeo al di fuori dell’Ue e della Nato tradizionale. Forse una versione europea della Nato, non so, ma deve esserci una Coalizione dei volenterosi per la difesa dell’Ucraina e dell’Europa. Quali Paesi sono pronti a farne parte? Sicuramente scandinavi e baltici, la Polonia, il Regno Unito; sotto il cancelliere Merz, penso la Germania; la Francia con Macron. Meloni? Non so, ditemelo voi. Ma è un gruppo di Paesi disposti a continuare ad armare l’Ucraina, a rafforzare il confine Est dell’Europa e anche la difesa aerea europea, perché le guerre oggi si svolgono nei cieli».
Cosa pensa della posizione di Meloni rispetto a Trump?
«Dovrebbe essere molto cauta, perché questo non è un movimento (quello di Trump ndr) al quale sta a cuore la sicurezza o la prosperità dell’Italia».
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