In un’Europa che si avvicina alle elezioni e sembra navigare a vista, senza una visione del mondo definita e robusta, l’unica voce limpida, lucida e determinata sembra essere quella di Papa Francesco. Il 16 maggio, al Palazzo Apostolico Vaticano, Jorge Mario Bergoglio ha ricevuto in udienza i partecipanti al summit sul clima promosso dalle Pontificie accademie delle scienze e delle scienze sociali. Alla Casina Pio IV in Vaticano, scienziati, sindaci e governatori di tutto il mondo si sono riuniti attorno al tema della crisi ambientale. Il summit si intitolava “Dalla crisi climatica alla resilienza climatica” ed è in questo contesto che Bergoglio ha lanciato la sua proposta.
Il discorso di Papa Francesco sulle sfide della nostra epoca
Come aveva già fatto nell’enciclica Laudato Si’ nel 2015 e di nuovo, con più forza ancora, nell’esortazione apostolica Laudate Deum dello scorso ottobre, nel suo discorso Papa Francesco ha ribadito una visione del mondo, della giustizia, del presente e del futuro nitida e concreta. Proprio quando la politica sembra non essere più in grado di farlo.
Per lui, come per molti attivisti ambientali ma non per i governi, è chiaro quanto le sfide della nostra epoca siano indissolubilmente interconnesse. Sono quelle che conosciamo bene, cioè «i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, il degrado ambientale, le disparità globali, l’insicurezza alimentare e una minaccia alla dignità delle popolazioni coinvolte». Nessuna di queste si risolve da sola. E tutte queste si risolvono (anche) rovesciando la finanza globale per come è concepita e ripensandone alla radice priorità e finalità.
Già a dicembre Papa Francesco aveva suggerito di rispondere al «clima impazzito» creando un fondo contro la fame e la povertà con i soldi destinati ora alla produzione di armi. I tre temi principali di questo tempo si collegano come gli elementi di un’unica frase.
Tra le soluzioni, l’abbandono dei combustibili fossili
Bergoglio è un Papa che parla di economia e di scienza, cita istituti di ricerca, accompagna i suoi discorsi con numeri e dati precisi. Sono circa un miliardo le persone che producono oltre la metà dei gas serra. Tre miliardi quelle che contribuiscono per meno del 10%, ma sopportano il 75% delle perdite che ne derivano. 46 i Paesi – per lo più africani – che, insieme, rappresentano solo l’1% delle emissioni globali di CO2. Quella di Papa Francesco è una voce che fa nomi e cognomi, indica vittime, colpevoli e soluzioni. Parla di acqua, aria, cibo e sistemi energetici, salute pubblica e benessere.
Le soluzioni che propone sono semplici quanto intransigenti. La curva del riscaldamento globale va invertita puntando a una «decarbonizzazione globale, eliminando la dipendenza dai combustibili fossili». Altro che transitioning away. Ci sarà poi da ridurre l’eccessiva quantità di anidride carbonica nell’atmosfera «mediante una gestione ambientale che abbraccia diverse generazioni. E in questo sforzo la natura ci è fedele alleata, mettendoci a disposizione i suoi poteri, i poteri che la natura ha di rigenerare, poteri rigenerativi». Serve un lavoro «sinfonico» e un approccio «olistico», per affrontare la «duplice crisi» della disuguaglianza e della perdita di biodiversità.
Papa Francesco preme per una nuova Carta finanziaria globale
Tutto questo non può che avvenire attraverso una «nuova architettura finanziaria», che risponda non più agli interessi post-coloniali dell’Occidente ma alle esigenze del Sud globale e della Terra nel suo complesso. Questa nuova Carta finanziaria globale andrebbe preparata con urgenza. Dovrebbe essere pronta entro il 2025 permettendo piani ampi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Da una parte prevedrebbe la ristrutturazione e riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo; dall’altra, il riconoscimento dell’enorme debito ecologico delle economie industrializzate.
La questione del debito ecologico, discussa da anni alle Cop e promossa dai paesi del Sud Globale e delle isole, Papa Francesco l’aveva già inclusa nella Bolla per il Giubileo 2025. Un documento consegnato lo scorso 9 maggio agli arcipreti delle basiliche papali e ad altri rappresentanti della Chiesa, in previsione appunto del prossimo Giubileo. Ora torna in un contesto molto più politico, fra sindaci e governatori. Con l’invito ad «agire con urgenza, compassione e determinazione, perché la posta in gioco non potrebbe essere più alta».
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