“Il mondo è assediato da un assalto di crisi che collidono tra loro: conflitti diffusi, economie globali crudeli che finiscono per caricare sulle spalle di molti stati un debito insostenibile, evasioni fiscali da parte delle aziende, uso della tecnologia come arma, crisi climatica e placche tettoniche dei poteri in movimento. Non avremo alcuna possibilità di sopravvivere a queste crisi se le nostre istituzioni internazionali non saranno all’altezza”.
Sono parole che fanno riflettere quelle pronunciate da Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, in occasione della presentazione del “Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo”.
Amnesty chiede che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti. La prima cosa da fare è finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia.
Amnesty International chiede inoltre una riforma del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale.
“Il sistema internazionale ha bisogno di una seria riforma che rifletta la realtà odierna. Non possiamo permettere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di trincerarsi dietro al loro potere di veto e di mantenere immutati i propri privilegi. La mancanza di trasparenza e di efficacia nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza rende l’intero sistema aperto alle manipolazioni, agli abusi e alle disfunzioni”, ha aggiunto Callamard.
Sulla guerra in Ucraina il Rapporto rileva che “l’invasione russa dell’Ucraina ha innescato una vasta crisi dei diritti umani, del diritto umanitario e dei flussi migratori. Gli investigatori hanno documentato migliaia di possibili crimini di guerra e potenziali crimini contro l’umanità commessi dalle forze russe, tra cui esecuzioni extragiudiziali e altre uccisioni illegali, tortura e altro maltrattamento, trasferimenti forzati di popolazione, uso di armi vietate, violenza sessuale e attacchi contro scuole e ospedali.
L’uso da parte della Russia di tattiche d’assedio contro i civili, gli attacchi indiscriminati e quelli mirati alle infrastrutture energetiche dell’Ucraina durante l’inverno sono sembrati avere l’intenzione di rendere massima la sofferenza dei civili. I prigionieri di guerra detenuti da entrambe le parti in conflitto sono stati sottoposti a maltrattamenti e possibili esecuzioni extragiudiziali.
Il Rapporto sottolinea come i doppi standard e le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo abbiano alimentato impunità e instabilità, come nel caso del silenzio sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi.
Nella sua analisi globale il Rapporto ricorda che “in tutto il pianeta, sono scoppiati nuovi conflitti, altri sono ripresi e alcuni, di lunga data, sono proseguiti. Le forze governative e i gruppi armati si sono resi responsabili di violazioni del diritto internazionale umanitario e di abusi dei diritti umani, in alcuni casi equivalenti a crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.
“La repressione del dissenso e della società civile è rimasta una delle tendenze chiave a livello globale sui diritti umani”, ribadisce Amnesty, ricordano i casi della Russia, della Cina, dell’Afganistan, di Myanmar, della Turchia, del Mali, dell’Egitto.
Inoltre “la violenza contro donne, ragazze e persone Lgbti è rimasta un problema per i diritti umani a livello mondiale. Una parte degli episodi di violenza si è consumata nei conflitti armati.Tuttavia, la maggior parte dei casi sono avvenuti in situazioni di pace e in contesti domestici”.
Preoccupa la situazione dei palestinesi. Per i palestinesi della Cisgiordania occupata, sottolinea Amnesty, il 2022 è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case.
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